• 28 Novembre 2024 19:54

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Musetti, il Federer azzurro è diventato l’uomo Davis su cui puntare

Ott 24, 2022

AGI – Queste ultime settimane, coronate dal trionfo a Napoli su Matteo Berrettini hanno sancito il ruolo di Lorenzo Musetti  come leader de facto della squadra di Coppa Davis che a fine novembre a Malaga affronterà gli Stati Uniti nei quarti di finale? La risposta è, ovviamente sì. Già nel turno preliminare dello scorso inverno a Bratislava contro la Slovacchia, Lorenzo, che allora era distante da ciò che è diventato oggi, si rivelò un perfetto Davisman battendo Gombos nell’incontro decisivo.

Il che non era così scontato visto che lo spirito della Davis (anche di una Coppa così snaturata rispetto all’originale) comunque può produrre effetti nefasti sulla tenuta psicologica dei tennisti: per informazioni chiedere a Sonego. Oggi, Musetti, 20 anni, è invece il punto irrinunciabile su cui capitan Volandri potrà e dovrà contare per battere gli Usa e sperare di accedere alla finale.

Berrettini ha vissuto una stagione tormentata da ogni tipo di sfortuna possibile e da qualche scelta sbagliata: Sinner è atteso questa settimana al rientro dopo l’infortunio alla caviglia a Sofia (lo vedremo a Vienna, così come Matteo) e dopo una sosta piuttosto lunga è difficile dire quale potrà essere il suo livello a fine novembre: Sonego non ha certo vissuto una stagione brillante.

E la coppia Fognini-Bolelli, titolare del doppio, non è al massimo del suo rendimento. Lorenzo giocherà a Basilea e a Malaga è quasi inevitabile non pensare che sarà lui, da domani numero 23 del ranking mondiale il leader azzurro. Qualora dovesse rendere onore al suo ruolo ecco che a inizio 2023 allora potremmo anche professare l’aspirazione di poterlo vedere presto in Top-10.

Il paragone con Federer

A proposito di top, intanto però viene in mente un paragone a cui è complicato non cedere e non solo perché Lorenzo ora andrà al torneo Basilea, dove lo svizzero avrebbe dovuto ritirarsi prima di anticipare l’addio nella Laver cup di Londra. Come si fa non vedere (coach Tartarini parla opportunamente di “fluidità simile”…) che Musetti ha tanto, tantissimo in comune con quell’altro artista della racchetta, nato a un centinaio di chilometri dal confine italiano, la cui sapienza temevamo fosse scomparsa per sempre, dopo il ritiro, dal tennis mondiale? Il tennista in questione si chiama Roger Federer, ovviamente.

E dopo il successo in due set su un acciaccato Berrettini all’Atp 250 di Napoli come è possibile non vedere che Lorenzo Musetti da Carrara ha raggiunto in questo finale di stagione un livello straordinariamente simile a quello che lo svizzero mise in mostra quando vinse il torneo di Milano, il primo della sua carriera? Un livello fatto di un tennis antico e contemporaneo al tempo stesso.

Con tanti saluti a chi per anni ha vestito i panni del visionario dichiarando morto quel tipo di tennis a vantaggio di una fisicità esagerata capace di generare solo potenza. Perfino Alcaraz, attuale numero 1 al mondo, sta costruendo il suo gioco attingendo a piene mani a quel tennis antico. Un’arte di cui Musetti è il miglior interprete oggi nel circuito.

Ecco perché non bisogna cedere alla tentazione di cui sopra. Perché l’unico serio pericolo che potrebbe mettere a rischio l’ulteriore crescita di Musetti, e il raggiungimento di obiettivi ben più ambiziosi, sarebbe il porgli sulle spalle il peso del grande svizzero.

Il Lorenzo visto in queste ultime tre settimane (semifinali a Sofia e Firenze, successo a Napoli contro il brother Berrettini) non va in sofferenza se viene aggredito da fondo campo, il campo lo conquista con una ammirevole leggerezza, gioca al volo e di fino come il Neo di Matrix quando rendeva inoffensivi con un semplice gesto della mano i colpi dell’occhialuto Mr.Smith; e soprattutto fa scelte giuste.

Ma se la serenità che gli permette di scegliere bene dovesse subire il continuo raffronto con tale pietra di paragone allora la situazione si complicherebbe. Tanto più che la stessa sensibilità interiore che permette a Lollo di giocare in questo modo potrebbe trasformarsi in un problema e magari rendere “usuali” quelle crisi di mezzo panico che hanno afflitto l’azzurro alcune volte nel recente passato.

AGI – Queste ultime settimane, coronate dal trionfo a Napoli su Matteo Berrettini hanno sancito il ruolo di Lorenzo Musetti  come leader de facto della squadra di Coppa Davis che a fine novembre a Malaga affronterà gli Stati Uniti nei quarti di finale? La risposta è, ovviamente sì. Già nel turno preliminare dello scorso inverno a Bratislava contro la Slovacchia, Lorenzo, che allora era distante da ciò che è diventato oggi, si rivelò un perfetto Davisman battendo Gombos nell’incontro decisivo.
Il che non era così scontato visto che lo spirito della Davis (anche di una Coppa così snaturata rispetto all’originale) comunque può produrre effetti nefasti sulla tenuta psicologica dei tennisti: per informazioni chiedere a Sonego. Oggi, Musetti, 20 anni, è invece il punto irrinunciabile su cui capitan Volandri potrà e dovrà contare per battere gli Usa e sperare di accedere alla finale.
Berrettini ha vissuto una stagione tormentata da ogni tipo di sfortuna possibile e da qualche scelta sbagliata: Sinner è atteso questa settimana al rientro dopo l’infortunio alla caviglia a Sofia (lo vedremo a Vienna, così come Matteo) e dopo una sosta piuttosto lunga è difficile dire quale potrà essere il suo livello a fine novembre: Sonego non ha certo vissuto una stagione brillante.
E la coppia Fognini-Bolelli, titolare del doppio, non è al massimo del suo rendimento. Lorenzo giocherà a Basilea e a Malaga è quasi inevitabile non pensare che sarà lui, da domani numero 23 del ranking mondiale il leader azzurro. Qualora dovesse rendere onore al suo ruolo ecco che a inizio 2023 allora potremmo anche professare l’aspirazione di poterlo vedere presto in Top-10.
Il paragone con Federer
A proposito di top, intanto però viene in mente un paragone a cui è complicato non cedere e non solo perché Lorenzo ora andrà al torneo Basilea, dove lo svizzero avrebbe dovuto ritirarsi prima di anticipare l’addio nella Laver cup di Londra. Come si fa non vedere (coach Tartarini parla opportunamente di “fluidità simile”…) che Musetti ha tanto, tantissimo in comune con quell’altro artista della racchetta, nato a un centinaio di chilometri dal confine italiano, la cui sapienza temevamo fosse scomparsa per sempre, dopo il ritiro, dal tennis mondiale? Il tennista in questione si chiama Roger Federer, ovviamente.
E dopo il successo in due set su un acciaccato Berrettini all’Atp 250 di Napoli come è possibile non vedere che Lorenzo Musetti da Carrara ha raggiunto in questo finale di stagione un livello straordinariamente simile a quello che lo svizzero mise in mostra quando vinse il torneo di Milano, il primo della sua carriera? Un livello fatto di un tennis antico e contemporaneo al tempo stesso.
Con tanti saluti a chi per anni ha vestito i panni del visionario dichiarando morto quel tipo di tennis a vantaggio di una fisicità esagerata capace di generare solo potenza. Perfino Alcaraz, attuale numero 1 al mondo, sta costruendo il suo gioco attingendo a piene mani a quel tennis antico. Un’arte di cui Musetti è il miglior interprete oggi nel circuito.
Ecco perché non bisogna cedere alla tentazione di cui sopra. Perché l’unico serio pericolo che potrebbe mettere a rischio l’ulteriore crescita di Musetti, e il raggiungimento di obiettivi ben più ambiziosi, sarebbe il porgli sulle spalle il peso del grande svizzero.
Il Lorenzo visto in queste ultime tre settimane (semifinali a Sofia e Firenze, successo a Napoli contro il brother Berrettini) non va in sofferenza se viene aggredito da fondo campo, il campo lo conquista con una ammirevole leggerezza, gioca al volo e di fino come il Neo di Matrix quando rendeva inoffensivi con un semplice gesto della mano i colpi dell’occhialuto Mr.Smith; e soprattutto fa scelte giuste.
Ma se la serenità che gli permette di scegliere bene dovesse subire il continuo raffronto con tale pietra di paragone allora la situazione si complicherebbe. Tanto più che la stessa sensibilità interiore che permette a Lollo di giocare in questo modo potrebbe trasformarsi in un problema e magari rendere “usuali” quelle crisi di mezzo panico che hanno afflitto l’azzurro alcune volte nel recente passato.

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