AGI – Ci sono sale con cassetti di platica trasparente pieni di ossa umane e altre dove si trattano le tematiche della medicina legale e dell’antropologia forense nell’assistere la giustizia nei crimini mortali. E ancora video e lapidi.
Al Musa, il nuovo ‘museo universitario delle scienze antropologiche, mediche e forensi per i diritti umani’, della Statale, l’obiettivo è far conoscere “quello che la scienza può fare per la giustizia e per i diritti umani” restituendo dignità ai morti e ai loro familiari. Lo ha spiegato in conferenza stampa la coordinatrice del progetto Cristina Cattaneo, docente di Medicina Legale e di Antropologia dell’Università degli Studi di Milano e Direttrice del Labanof, Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense. Proprio da quest’ultimo nasce il Musa, che si basa sulla sua collezione antropologica, una delle collezioni scheletriche più grandi del mondo.
Partendo dal presupposto che vi è scarsa conoscenza del potenziale della scienza nel difendere la giustizia e la dignità e nel combattere la violenza, si è pensato al Musa, realizzato grazie all’intuizione del Labanof, insieme a Fondazione Cariplo, Fondazione Isacchi Samaja e Terre des Hommes Italia.
“Pochissimi hanno idea di come la stessa scienza che studia il corpo, curando infezioni e altre malattie, possa servire per tutelare la giustizia e i diritti umani. Protagoniste sono quelle discipline che riescono a ricostruite il passato, attraverso l’esame del cadavero, dello scheletro e anche del vivente” ha aggiunto Cattaneo, illustrando le diverse sezioni di cui si compone il museo. “C’è una parte dedicata all’identità, è la nostra crociata per restituire i nomi ai morti” a quelli “domestici” e a quelli scomparsi in mare”. E anche una sala dedicata al “crime”, con simulazioni di delitti e video, e poi la sezione dei “Vivi” perché “questa medicina può aiutare anche nella prevenzione” continua Cattaneo.
“Dare dignità a chi non c’è più, vuol dire ricostituire queste persone come soggetti. Non sono morti dei numeri, ma delle persone, con una storia, dei percorsi e una drammaticità di vita che va riportata – è intervenuto Elio Franzini, rettore dell’Ateneo -. Credo che l’università abbia anche questa missione: essere custode della dignità e della memoria”.
Nel percorso espositivo l’ultima sala è dedicata alle vittime del naufragio del 18 aprile 2015, quando affondò un barcone proveniente dalla Libia con a bordo circa 1000 migranti, davanti alle coste siciliane. L’auspicio del medico legale è che il relitto di quel barcone trovi posto al Musa, “a Milano dove potrebbe essere valorizzato” e visitato dalle scolaresche. Sono già 1500 le prenotazioni arrivate dalle scuole per visitare il nuovo museo, che dal 2 novembre, sarà aperto gratuitamente al pubblico, grazie anche all’accoglienza dei soci volontari del Touring Club Italiano.