AGI – Non c’è violazione della riservatezza se un lavoratore registra i colleghi, senza il loro consenso, per dimostrare di essere stato licenziato ingiustamente. Lo stabilisce una sentenza pubblicata dalla Cassazione nei giorni socrsi, diffusa dallo Studio Cataldi e letta dall’AGI.
La registrazione tra un dipendente e i suoi colleghi presenti, precisano gli ‘ermellini’, può diventare una “fonte di prova se colui contro il quale è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta e che abbia avuto il tenore risultante dal nastro”.
Nessuna lesione della privacy perché questo tipo di registrazione “permette di prescindere dal consenso quando il trattamento dei dati sia necessario per far valere o difendere un diritto, a condizione che essi siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”.
Per questa ragione il datore di lavoro, che si era opposto all’utilizzo degli audio che dimostravano la ritorsione, è stato condannato a reintegrare e risarcire la lavoratrice. La Cassazione ha così riconosciuto l’errore della Corte d’Appello di Salerno nell’escludere le registrazioni come prova del carattere ritorsivo del licenziamento perché ritenute “abusive”.