AGI – Giorgia Meloni si scaglia contro Nutriscore .”Noi siamo la prima agricoltura green d’Europa e la sesta del mondo. Possediamo un patrimonio di tipicità, qualità, sicurezza alimentare, cura del territorio che deve assolutamente essere tutelato e valorizzato” ha detto la leader di Fratelli d’Italia, “abbiamo bisogno di proteggere i nostri agricoltori e i prodotti del Made in Italy impedendo che vengano introdotti sistemi di classificazione come il Nutriscore, discriminatori e penalizzanti del nostro agroalimentare”. Ma cos’è Nutriscore e perché l’esponente della destra lo ha messo al centro di una crociata per difendere i prodotti italiani?
Come funziona Nutriscore
Un semaforo in grado di dare il via libera o lo stop ad alcuni prodotti alimentari, con quel che ne consegue per l’impatto economico sui Paesi che ne sono produttori. In estrema sintesi, di questo si parla quando si cita il Nutriscore, il sistema di etichettatura in uso in Francia e ora al vaglio della Commissione Europea. Un sistema che non piace all’Italia, ma convince molto i nostri vicini d’oltralpe.
Il perché è presto detto: il Nutriscore assegna colori e lettere di riferimento in base alla salubrità degli alimenti, ovvero al livello di zuccheri, grassi e sale contenuti in 100 grammi di prodotto. Si va dal verde per gli alimenti sani, al rosso per quelli da mettere al bando; dalla lettera A, per i prodotti più salutari, alla lettera E per quelli nocivi.
Buone intenzioni, cattivo esito
Una scala di immediata comprensione, studiata come strumento per combattere l’obeistà e le malattie cardiovascolari. Uno schema a colori che, tuttavia, trascura alcune importanti sfumature. Ad esempio: in alcune bibite, gli zuccheri sono sostituiti da dolcificanti artificiali.
Sulla carta, quindi, sarebbero meno impattanti sull’organismo dell’olio extravergine d’oliva, ad esempio, che ha un più alto contenuto di grassi. A sviluppare questo sistema di etichettatura è stato il nutrizionista Serge Hercberg e del suo gruppo di ricercatori. In Francia, però, l’adozione del Nutriscore è su base volontaria: sono le singole aziende a scegliere se applicarlo alle etichette dei loro prodotti.
Favorevoli e contrari
Dalla Francia, l’arcobaleno di Harcberg si è diffuso anche in Belgio, Germania, Lussemburgo, Olanda e Spagna. A opporsi all’etichetta è invece l’Italia assieme alla Repubblica Ceca, alla Svezia, alla Grecia, a Cipro, all’Ungheria, alla Lettonia e alla Romania. A sollevare dubbi sul Nutriscore, non c’è solo la scelta di mettere al bando grassi e zuccheri senza distinzione, ma anche il fatto che questo sistema dà informazioni su 100 grammi di prodotto, indifferentemente dalla dose consigliata per una dieta da considerare sana.
Per questa ragione l’Italia ha adottato lo schema denominato NutrInform Battery e lo propone anche a livello europeo in alternativa al Nutriscore: è l’indicazione grafica in etichetta della percentuale assunta di energia e nutrienti rispetto alla porzione di consumo consigliata dell’alimento.
All’interno di cinque batterie stilizzate viene riportata l’indicazione quantitativa del contenuto di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale della singola porzione. Il contenuto energetico è espresso sia in joule che in calorie. I contenuti di grassi, grassi saturi, zuccheri e sale sono espressi in grammi. Dopo una lunga trattativa, il Nutriscore non è entrato nel report della Commissione europea per la lotta al cancro, Beca, che, invece, cita la dieta mediterranea come uno degli stili di vita a cui fare riferimento per combattere la diffusione dei tumori e, più in generale, “delle principali malattie degenerative croniche”.