AGI – Chi, e sono tanti, sta massacrando la memoria di Niccolò Ghedini sui social tacciandolo, tra le altre cose, di essersi messo di traverso alla giustizia, non può sapere che tra lui e il principale accusatore di Silvio Berlusconi, il pubblico ministero Fabio De Pasquale, c’era un rapporto di visibile simpatia.
Il rappresentante della pubblica accusa nel processo Mediaset, l’unico concluso con una condanna definitiva al Cavaliere, ha reagito con profondo dispiacere alla notizia della sua scomparsa. “Tra noi ci sono sempre stati lealtà e rispetto reciproci” , le poche parole che il magistrato ha affidato all’AGI in queste ore.
Ma che tra i due ci fosse feeling era possibile constatarlo nelle pause delle udienze dei processi a carico dell’ex premier che per anni hanno occupato le aule del Palazzo di Giustizia di Milano. Un’epoca di tensioni profonde tra accusa e difesa perché quelle erano storie giudiziarie ma anche politiche con un imputato che guidava il Paese e si sentiva perseguitato dalla giustizia.
Ricusazioni dei giudici, richieste di legittimi impedimenti, rinvii per motivi di salute o di campagna elettorale, istanze per far trasferire i processi lontano da Milano a ovunque. Su questi temi tra Ghedini in duo con l’altro legale storico, Piero Longo, e De Pasquale, erano diatribe incessanti col pm che le accoglieva come un tentativo di difendersi dal processo e non nel processo. Innumerevoli i battibecchi nei processi Mediaset, Mediatrade, Mills stemperati da battute negli intervalli, tra una camera di consiglio e l’attesa dei giudici.
Alcuni cronisti ricordano quando una volta l’avvocato, dopo avere alzato i toni della sfida in aula, subito dopo disse sottovoce a De Pasquale, con un sorriso: “Mi tocca”, ricevendone in cambio uno sguardo di complicità.