AGI – Sommersi e salvati. E’ il giorno di chi si credeva disperso e invece era soltanto altrove e di chi protesta perché pensa che si possa fare di più per cercare le persone amate, ancora sotto alla Marmolada ferita.
Il piazzale vuoto delle auto
Le ricerche dei carabinieri cancellano una delle immagini finora più potenti di questa storia: le quattro auto parcheggiate vicino alla valanga che si pensava potessero appartenere a escursionisti coinvolti nel crollo.
Invece dai 13 non pervenuti di ieri si scende a 5, tutti italiani e, nell’orrore di questi giorni, è la prima buona notizia.
Alcuni dei riemersi, viene spiegato, erano stranieri “che non si erano resi conto della gravità della situazione e si sono fatti vivi solo poi coi loro consolati, altri invece sono stati rintracciati da parenti e amici”.
Il piazzale ora è vuoto, le auto non ci sono più. Poi c’è un ragazzo di 30 anni ricoverato a Treviso, che non aveva documenti ed è in prognosi riservata. E’ un salvato dalla sorte, i medici hanno fiducia nel suo recupero. Il suo nome ora trova speranza tra i ‘feriti’ che sono sette.
“Perché non li hanno fermati?”
Debora Campagnaro ha lì sotto la sorella Erica assieme al cognato Davide Miotti. Fa delle domande. “Perché non li hanno fermati visto che c’era l’acqua che scorreva sotto al ghiacciaio?. E perché si usano solo elicotteri e droni e non strumenti, disponibili nei Paesi nordici, per forare il ghiaccio?”.
I soccorritori le rispondono indirettamente, durante il punto stampa, che “non resterà lasciato nulla di intentato” e che da dopodomani ripartiranno le ricerche a terra, con l’aiuto dei cani. Davide, fratello di Luca: “Era una guida alpina con trent’anni di esperienza individuale e portava amici e persone che volevano avvicinarsi alla montagna. Non sarebbe mai partito se avesse saputo di un minimo rischio o pericolo che andava segnalato, vista la situazione climatica”.
La montagna proibita
Adessso la Marmolada diventa una montagna proibita e chissà per quanto. In queste ore hanno continuato a salirci curiosi e chi non si rassegnava a rinunciare alla sua bellezza nonostante l’ordinanza del Comune motivata dal pericolo di nuovi crolli.
Tra i rischi il presidente del soccorso alpino, Maurizio Dellantonio ha messo in luce la presenza di bombe della prima guerra mondiale che, se non maneggiate con prudenza, potrebbero fare ancora paura. Liliana Bertoldi è la quarta identificata dopo Filippo Bari, Tommaso Carollo e Paolo Dani.
E’ in corso il riconoscimento di altre due vittime, cittadini della Repubblica Ceca.
La foto profilo Facebook della donna di Levico Terme lascia di sasso: una croce tutta bianca, rivestita dalla neve con un luminoso ‘abito’ di ghiaccio.
Amore e morte per la montagna e sotto la montagna.