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WRC17. Monte-Carlo bifronte, Neuville fino all’ultimo, poi… Ogier (Ford)!

Gen 21, 2017
WRC17. Monte-Carlo bifronte, Neuville fino all’ultimo, poi… Ogier (Ford)!

Gap, 21 Gennaio 2017. Stessa spiaggia, stesso mare… ma la Montagna! Se il lungomare del Monte-Carlo è distante, oltre l’affascinante toboga delle vallate delle Hautes-Alpes, toponimo che diventa malsonante e troppo scontato se tradotto nella nostra lingua, il Rally per definizione continua a… ridefinirsi accentuando quelle caratteristiche di “ingestibilità” che lo rendono così ostico, schizzofrenico. È una specie di caso letterario. Esce il nuovo romanzo della serie ed è ancor più thriller del precedente, più avvincente, più “giallo”. Giallo-Sport, affascinante. Ogni prova Speciale è un mistero, per lo più un’altra variante antologica che il “Monte” regala alla sua leggenda di 85 edizioni, in diversivo per mandare il migliore dei detective sulla pista sbagliata. Questa volta eccellente, anzi di più, inimmaginabile. Tempo bellissimo, da piangere, strade insidiosissime, superfici “mascherate”, da piangere. Evoluzioni agonistiche, da rimanere inebetiti, ma anche da piangere. Soprattutto per Thierry Neuville. Asso incontrastabile fino all’ultima Prova Speciale del giorno, ma poi… Lacrime agli occhi di commozione per il tempo divino, e di paura per quello che può nascondersi sopra e sotto i veli di stratificazione sugli asfalti, per un risultato che non ci sta e che solo la Valle del dio Ogier può accettare senza rimorsi. Autentico thriller, sì.

Tutto era iniziato “discorsivamente”. Meglio dotarsi ancora di gomme chiodate, anche se il sole del mattino è caldo, per favorire quegli incroci che aiutano a salvaguardare il patrimonio di artigli per il pomeriggio ghiacciato? E se poi non è ghiacciato? Salotto delle buone intenzioni. Spingere forte sulla sicurezza, un “classico”, certo, e incoraggiare quei Piloti che rientrano in Rally2 dopo la disfatta del giorno precedente. Meeke e Hanninen non si sono risparmiati e, quindi, hanno pagato più salato degli altri la scelta senza compromessi di “andare a vedere” il piatto del Monte-Carlo. Ma la scelta più difficile è quella che vale per tutti, ed è quel punto della strada in cui levare imperativamente il piede, rallentare tanto vistosamente da sembrare in panne, per affrontare il cambio di superficie lasciando andare avanti la paura ma salvandosi dalle brutte sorprese. Le nuove “belve” pagano più forte, qui, il loro superiore potenziale. Non si notano particolarmente in queste condizioni, soprattutto coperte di fango e sale, ma la differenza con le Macchine del 2016 è avvertibile, evidente nelle “staccate” e nelle potentissime accelerazioni. Nei tempi laddove sono in qualche mod confrontabili con le prove dell’anno passato. L’idea di “staccare” cromaticamente dalla livrea delle nuove WRC le più accentuate appendici aerodinamiche aiuta a mantenere una certa continuità di stile tra le vecchie e le nuove Vetture, quelle di serie, cosicché complessivamente il nuovo che avanza si delinea nelle forme di un potente upgrade delle prestazioni. Credo, che sia esattamente quello che era nel proposito primordiale del nuovo regolamento. Anche sotto questo aspetto, che poi è l’affresco del contesto globale che immerge la massima spinta tecnologica nell’antico e stupendo scenario delle Montagne, il nuovo WRC (non quello di certi suoi funzionari addormentati davanti al loro rolex che segna l’ora inesatta) è un passo avanti notevole.

Ma sono tutte chiacchiere, perdita di tempo. È dalle strade che arrivano gli acuti del Rally, e i suoi drammi.

Questo Neuville e questa Hyundai sono piaciuti a tutti. Anche ai più critici, mossi a benevolenza da un’evidente superiorità, schiacciante. Anche i “valligiani” attorno a Gap lo ammettono, con grande sfoggio di signorilità. “Il nostro Sébastien ha trovato un osso duro!” Dietro alla sorpresa Evans, che spinge quasi miracolosamente sulla scoperta sintonia con le contraddizioni dell’asfalto del “Monte”, c’è ancora la prova superlativa di Thierry Neuville, il cui saluto al sole del mattino non poteva essere più incoraggiante e grato: “Non ho mai avuto una Macchina così a punto a inizio di stagione. È magnifico!” Questo è l’accordo dell’idillio, dell’esperienza superiore di trovarsi in una condizione perfetta nell’ambiente giusto. Dopo così tante incertezze, vale quasi un leitmotiv dell’anno.

Attorno alla sfida dei giganti del Monte-Carlo 2017, che mantiene Neuville leader e Ogier a debita, costante distanza, il sabato del Rally evolve creando un terreno più solido di quanto ci si possa aspettare per il gran finale della domenica. La scelta delle gomme si rivela non così critica, perché il tempo tiene, ma Neuville preferisce garantirsi il pomeriggio di massima sicurezza. La sua corsa è stata impeccabile. Ha resistito alla tentazione di dare il fatto suo all’”impertinente” Elfyn Evans, che con l’altra Ford ha trovato una miracolosa sintonia con gli asfalti del Monte-Carlo e si è lanciato in una corsa straordinaria coronata da ben tre successi parziali di giornata. Ed è riuscito, soprattutto, a mantenere a distanza di sicurezza Sébastien Ogier, spronato dagli inflessibili tifosi di casa a non arrendersi, e a scatenare quell’inferno di cui può essere capace solo un Valligiano che tutti qui hanno eletto “Champsaurin” per condividerne la paternità geografica altrimenti ristretta a Gap. È vero che Ogier non demorde, ma la sua Gara la fanno gli elementi. È il livello del ghiaccio e la tenuta delle strade “sporchissime” che determinano con precisione assoluta il ritmo e la soglia oltre la quale è rischioso andare. In questi casi Ogier lo ha dinostrato, è come una Formula 1 che entra al Pit Stop, l’acceleratore annullato e l’elettronica (in questo caso un istinto superiore raffinato dall’esperienza) che comanda fino all’uscita dalla situazione critica.

Difatti tutti hanno da lamentarsi, tranne Ogier e Neuville. Latvala continua ad andare meglio ma a non capire perché i tempi non corrispondono alla presunta pressione sull’acceleratore, Tanak continua a tenere duro con una macchina i cui “servizi”, shift

del cambio, servo guida, singhiozzano pericolosamente rendendo inquieto il Pilota, Sordo non riesce a comprendere l’equilibrio della Macchina, peraltro così soddisfacente per Neuville. Dopo due parchi assistenza, volanti, ci si avvicina alla Prova conclusiva, ormai travolta dai commenti di una giornata dall’evoluzione chiara, costante, non troppo “impietosa” per un Monte-Carlo.

Ma l’ultima Bayons-Breziers è una valanga drammatica di eventi incontrollabili. La maledizione del “Monte” colpisce ancora. Hanninen buca una ruota, indossa il gilet fluo e, come uno qualsiasi, ingoia il rospo e cambia, facendo finta di perdere con filosofia. Sordo si ferma, per miracolo sulla strada, quando lo sterzo servo assistito lo “molla” di colpo in un allungo da capogiro. Ci mette un minuto a riprendersi dallo spavento, e non convince neanche la sua filosofica indulgenza verso il Rally. Il peggio a Neuville. Corretto all’intertempo al primo split, allineato al tempone di Evans, Neuville va largo e tocca contro un “oggetto non identificato”. Perde momentaneamente il controllo e va a sbattere, rovinando una gomma e, parzialmente, una sospensione. Si ferma. Niente da fare. Il tempo batte il ritmo di un funerale. Il Belga si mette l’animo in pace – ma quale prezzo ha una pace del genere? – inizia a riparare, aggiusta alla meglio, riparte. 32 minuti di ritardo, una vita, sicuramente un’occasione costruita con un grande, perfetto lavoro, vanificata da quel non so che che al Monte-Carlo sembra di… strada.

Ogier passa al comando, quasi se ne vergogna al punto che ha parole solo per Neuville e per i suoi (pochi) errori. Tanak tiene botta e questo gli vale una piazza d’onore che certamente non si aspettava. E più di tutti si stupisce Latvala, che non è mai riuscito a capire questa gara, ma che alla fine se ne ritrova una fetta importantissima, per sé e per Toyota, nelle mani

Ogier passa al comando, quasi se ne vergogna al punto che ha parole solo per Neuville e per i suoi (pochi) errori. Tanak tiene botta e questo gli vale una piazza d’onore che certamente non si aspettava. E più di tutti si stupisce Latvala, che non è mai riuscito a capire questa gara, ma che alla fine se ne ritrova una fetta importantissima, per sé e per Toyota, nelle mani. Si vede che ha sbagliato perché andava troppo forte, perché è troppo forte! In una ritrovata, bellissima normalità, si scoprono i nomi di un bravissimo Craig Breen che porta la gloriosa DS3 a un fantastico quarto posto, un Sordo che salva capra e cavoli con il quinto, l’Evans delle meraviglie che rimpiangerà a ungo la lunga incertezza della prima parte del Rally, ma che ritrova una parte di sé ancora sconosciuta. Infine, se dobbiamo fissare un altro valore assoluto, prima che il Monte-Carlo si riproponga in modalità valanga, questo è nella magnifica gara di Andreas Mikkelsen, dominatore della WRC2 con tre minuti su uno degli assi dello scorso anno, Pontus Tidemand. Il norvegese è settino assoluto, un “risultatone”. Si vede che l’eredità VW funziona alla grande.

Avanti Monte-Carlo, ora che hai messo definitivamente KO il povero Meeke, urtato da un’altra macchina durante il trasferimento finale verso Monaco, fai il bravo almeno domenica!

Foto: Manrico Martella, Demis Milesi, Carlo Franchi, Fabien Dufour, Marcin Ribak, Marco Paolieri

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