Il presidente americano Biden ha ordinato all’intelligence di raddoppiare gli sforzi per capire le origini del coronavirus e di fare un rapporto entro novanta giorni in modo da “arrivare più vicini a una conclusione definitiva”, che è una formula che indica la necessità di trovare sollievo: qualcuno di serio ci dica cosa è successo. Il fatto che il presidente americano abbia commissionato questa ricerca all’intelligence e non a un gruppo scelto di scienziati rende chiaro che il compito è per metà una ricerca scientifica e per l’altra metà un’indagine. Si tratta di capire se il virus è uscito dal laboratorio di Wuhan, ma la Cina è molto opaca al riguardo, copre tutto quello che è possibile coprire, è reticente. Ora, per spendere due parole di chiarezza. Fin dall’inizio c’erano sospetti sul centro-laboratorio di Wuhan dove si studiano malattie infettive, perché come aveva rivelato la stampa francese gli standard di sicurezza erano orridi.
A volte il materiale infettivo invece che essere trattato secondo la procedura di sicurezza era versato nelle fogne e a volte lo staff vendeva gli animali del laboratorio fuori. Ma a fronte di questi comportamenti c’è molto complottismo – un incidente di laboratorio con un virus naturale non è un contagio deliberato con un virus creato apposta. C’è molta differenza fra queste due ipotesi e non c’è nemmeno alcuna prova che la prima, la più mite, sia vera. Si proverà a fare confusione fra queste versioni, a farla diventare soltanto una – l’arma segreta fatta uscire per un piano diabolico – occorre resistere alla tentazione, almeno fino a settembre. La Cina potrebbe aiutare molto a fare chiarezza, ma per ora è riluttante, magari perché teme che l’ipotesi uno sia vera. Ma per colpa della riluttanza in molti cominceranno a sospettare l’ipotesi due, perché la viralità dei complotti senza prove è un morbo rapidissimo.