AGI – “In questo momento i contagi non possono che aumentare con le riaperture. I comportamenti a rischio sono sempre più diffusi, sia per stanchezza che per mancanza di consapevolezza. Quelle che possono essere profondamente diverse sono le conseguenze”. Ne è convinta Giovanna Jona Lasinio, professoressa di Statistica all’università La Sapienza di Roma.
“Essendo esperta di numeri sono molto cauta con le previsioni. Soprattutto su quelle a lungo termine. C’è tanta incertezza, le previsioni dipendono da molti fattori, ma di certo non ci saranno 1.500 morti al giorno a luglio”, commenta all’AGI Jona Lasinio. Per la docente, tuttavia, il sistema di monitoraggio basato sull’Rt e sulle Regioni a colori va rivisto, perché così com’è “non è affidabile”.
“Il sistema dei colori è una delle mille possibili scelte per identificare dei livelli di restrizione, delle misure non farmaceutiche e in linea di principio è un sistema che può funzionare benissimo. Esistono però due ordini di problemi con questo tipo di restrizioni“. Il primo – spiega Jona Lasinio – riguarda “quanto seriamente vengono applicate. Il secondo, il modo in cui vengono identificati i colori”.
Il primo punto, “oltre che un adeguato controllo, prevede una forte percezione del senso del bene comune. Il secondo, invece, è cruciale per evitare di osservare situazioni paradossali, che portano solo confusione nella gente comune, che non capendo il motivo delle restrizioni, poi fatica a rispettarle”, dice l’esperta. Che continua: “Accanto a una rete seria di controlli, è fondamentale una campagna di informazione corretta. La percezione del rischio consapevole è l’unica via affinché i cittadini rispettino determinate cautele e restrizioni. In questo senso la comunicazione istituzionale è stata spesso ondivaga e approssimativa. Le continue rettifiche hanno creato un’enorme confusione e questo implica comportamenti ‘confusi’ da parte dei cittadini riducendo di molto l’efficacia di qualsiasi sistema di restrizioni anti-epidemia”.
Non solo: Jona Lasinio ha dubbi sull’efficacia degli indicatori, perché – afferma – “un indicatore smette di esser un buon indicatore quando diventa un obiettivo. L’esempio classico è l’incidenza (numero di casi su 100mila abitanti): le Regioni che fornisco i dati sono allo stesso tempo la fonte dei dati e l’ente valutato sulla base dei dati forniti. Come faccio a rimanere sotto 250 di incidenza ed evitare cosi’ la zona rossa? Basta cercare di meno il virus; meno tamponi, meno casi”. Secondo la professoressa, “la maggior parte delle decisioni è basata sull’indice Rt che è una stima ottenuta a partire da un complesso sistema di assunzioni per altro difficilmente verificabili”.
Quale sarebbe allora un efficace strumento di monitoraggio dell’andamento dell’epidemia? “Per me gli indicatori sanitari quali incidenza, occupazione di terapie intensive, carico del sistema sanitario, vanno benissimo”, dice Jona Lasinio. “Per evitare che l’incidenza venga manipolata si possono usare i campioni di sorveglianza. Cioè dei campioni gestiti ad esempio dall’Istat in collaborazione con il ministero della Sanità direttamente, senza passare per le Regioni, in cui si cerca il virus con un numero fissato di tamponi. Poi una volta che si raggiungono valori bassi di incidenza implementare un sistema di tracciamento dei contatti dei positivi che sia davvero funzionante (nel Lazio sono stati molto bravi fino a quando l’incidenza era bassa)”.
Infine, dichiara la docente, “andrebbe istituito un sistema di sorveglianza sulle varianti, in cui si faccia sequenziamento di un gran numero di tamponi positivi, sempre usando dei campioni di sorveglianza. Abbiamo tutte le competenze necessarie per farlo”.