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La tempesta perfetta sulle materie prime

Apr 30, 2021

AGI – Una tempesta perfetta. Prima, nel 2020, le chiusure degli impianti estrattivi e produttivi hanno fatto diminuire la disponibilità di materie prime e semilavorati. Poi la forte ripresa economica trainata da Cina e Usa ha causato un’impennata della domanda di commodity, in grado di mettere in ginocchio la produzione delle aziende. “Non parliamo di scenari futuri. Sta già accadendo. Le imprese sono nel panico più assoluto perchè mancano i materiali, stiamo già assistendo a casi di rallentamento della produzione. Sulle materie prime si sta delineando un quadro assai preoccupante”. Lo afferma in un colloquio con AGI Gianclaudio Torlizzi, direttore generale della società di consulenza finanziaria T-Commodity.

“L’anno scorso tra marzo e aprile, in pieno lockdown, molti pensavano che sarebbe successo un mezzo Armageddon economico con la chiusura delle attività”, che avrebbe causato un crollo sul lungo periodo dei consumi, ragiona Torlizzi. “In realtà sul fronte dei consumi è successo l’opposto, perchè prima la Cina, poi gli Usa, hanno registrato una ripresa molto forte e molto veloce”, sostenuta dalle politiche messe in piedi dai rispettivi governi nazionali.

L’incremento dei prezzi delle materie prime

Il risultato è che oggi tutte le commodity registrano un forte aumento della domanda, e tutte un forte aumento dei prezzi: il rame si è apprezzato del 47% rispetto ai livelli pre crisi, il grano del 12%, la soia del 15%, il legno del 6%, quello per pallet del 20%, il petrolio, dopo il brusco calo registrato lo scorso anno, ha recuperato velocemente e ora è a -3% del prezzo pre pandemia. Ma una fotografia ancora più precisa la fornisce l’acciaio. Secondo i dati dell’Ance i prezzi delle materie prime sono saliti anche del 117% negli ultimi mesi, come nel caso del ferro, e ciò ha portato a un forte aumento della domanda (specie dalla Cina che da sola assorbe circa il 50% della produzione globale) e di conseguenza dei prezzi. Pechino è stata tra le prime a riprendersi dalla crisi causata pandemia, registrando addirittura un aumento del Pil nel 2020 del 2,3%.

“Questo ha significato una forte domanda dei semilavorati a livello globale, mentre in Europa la produzione siderurgica è diminuita del 15% nell’ultimo anno. Questi due elementi insieme hanno caratterizzato il mega rally delle materie prime”, spiega Torlizzi, “quadro peggiorato per quanto riguarda il Vecchio Continente dal freno della produzione dell’Ilva che ha registrato un calo della produzione di acciaio del 60%, esacerbando la carenza di semilavorati in Italia”.

Materie prime, il paradosso europeo

A questo proposito, Torlizzi evidenzia un paradosso: “Questa situazione in Europa è aggravata dalle misure di salvaguardia” previste dalla legislazione europea, che impongono l’applicazione di dazi del 25% quando vengono superati i limiti di import di acciaio da Paese extra Ue, “una misura che non ha senso in una situazione di emergenza come quella che vive il settore”. “C’è differenza tra le misure di salvaguardia che hanno il senso della temporaneità e nell’emergenza e altri strumenti in campo contro pratiche sleali, come l’ antidumping. Quindi le misure salvaguardia sono state estrema ratio di un periodo storico passato legato alle misure di Donald Trump e al rischio che surplus cinese si riversasse in Europa. la difesa dei produttori europei si fa con dazi mirati sull’ antidumping, non con misure draconiane e generaliste che vanno a svantaggio di tutto il continente”.

Togliere questi dazi, spiega ancora il direttore di T-Commodity, sarebbe una misura necessaria sul breve termine, “mentre sul lungo periodo andrebbe incentivata la reindustrializzazione in Europa, accorciando le filiere delle commodity. Negli Usa si è già dato il via a un piano di produzione di semiconduttori per affrontare il momento difficile dell’industria dei microchip, che ha interrotto la produzione di alcune aziende” e che adesso, secondo quanto riporta il Financial Times, rischia di avere effetti non solo sulla produzione automotive, ma su tutta la filiera degli elettrodomestici, dai tostapane alle lavatrici. “Per farsi trovare pronta davanti a crisi simili nell’immediato futuro, l’Europa”, conclude Torlizzi, “dovrebbe muoversi in modo analogo”.

Materie prime: il boom dei prezzi dal ferro al legno

Il comparto delle materie prime ha chiuso il 2020 registrando importanti aumenti di prezzo. Secondo i dati di Confapi, dal minimo toccato lo scorso 23 marzo, nel pieno della crisi pandemica, l’indice Lme – che raggruppa gli andamenti dei metalli non ferrosi – ha chiuso lo scorso anno con un rincaro del 52% trainato in particolare dal rame (+47%) nichel (+51%) e zinco (+51%) e alluminio (+26%). La fase rialzista è proseguita nei primi due mesi dell’anno con un ulteriore aumento generalizzato del 13%.

ACCIAIO +70% Particolare attenzione sta richiamando la situazione nel settore degli acciai, sia sul fronte delle materie prime sia su quello del semilavorato. Sul primo, il minerale di ferro ha chiuso il 2020 con un rialzo di oltre il 70% rispetti ai minimi di marzo per effetto della domanda infrastrutturale cinese. Secondo i dati della Confederazione della piccola e media industria, in accelerazione si registra anche il prezzo del rottame ferroso, balzato del 68%. L’aumento dei prezzi delle materie prime siderurgiche ha cosi’ aperto la strada a importanti aumenti di prezzo da parte dei produttori di laminati tanto che il prezzo del coils a caldo in Italia è passato dai 370 euro di giugno per tonnellata agli attuali 1.000 euro. Stesso discorso nel settore dell’inox con la comune lega ‘304’ passata da 1.900 euro per tonnellata del secondo trimestre agli attuali 3.000 euro.

PETROLIO PORTA SU PREZZO PLASTICHE Gli aumenti hanno riguardato anche il comparto delle plastiche. Complice anche il forte rialzo del prezzo del Brent dai minimi raggiunto lo scorso aprile (+148%), polimeri di riferimento per l’industria manifatturiera quali l’etilene, il polipropilene e lo PVC hanno riportato rispettivamente incrementi di prezzi del 58%, 34% e 42%.

LEGNO, PER PALLET OLTRE 20% I rialzi non hanno risparmiato neppure il settore del legno. La tipologia utilizzata per la produzione di pallet se a fine 2020 viaggiava su una quotazione superiore di oltre il 20% su base annua, alla fine di questo mese, quando ci sarà il prossimo rilevamento, registrerà un rincaro complessivo del 30%.

CEMENTO, +10% A GENNAIO Il cemento si è apprezzato del 10% nel solo mese di gennaio rispetto a dicembre 2020, mettendo a dura prova il settore delle costruzioni. Stesso discorso vale per il cemento armato, su cui impatta anche l’aumento del prezzo dell’acciaio. 

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