Scienziati australiani dell’Università di Melbourne hanno recentemente confermato la scoperta di un raro buco nero: un buco nero di massa intermedia (Intermediate Black Hole – IMBH). Scusate ma noi che abbiamo visto la prima foto di un buco nero lo sappiamo: i buchi neri si formano da un collasso gravitazionale di una stella di grande massa oppure li osserviamo al centro di tutti i nuclei attivi delle galassie (questi ultimi anche chiamati buchi neri supermassicci). Le masse in gioco sono illegali. I buchi neri stellari vanno dalle 3 alle 10 masse solari mentre i supermassicci possono raggiungere facilmente milioni (o addirittura miliardi) di masse solari.
Certo il caso di collasso stellare è quello forse più famoso e studiato, perché scaturisce dall’esplosione di supernova: quando accade la luminosità di una stella può competere con la luminosità di un’intera galassia. Il collasso avviene perché la stella espelle velocemente gli strati esterni mentre il nucleo centrale subisce una contrazione tanto da perforare lo spazio tempo: a questo punto nemmeno la luce può uscire e l’oggetto diventa nero. La loro massa è concentrata in una piccola regione infinitesimale e il loro intenso campo gravitazionale riesce a trattenere anche la luce. Ma ci mancava pure l’ansia da buco nero? No dai e infatti man mano che ci si allontana dal buco nero, il campo gravitazionale si comporta come quello di qualsiasi altro oggetto, seppure dotato di grande massa. Per esempio è possibile gravitare in modo stabile attorno ad un buco nero: cosa che Interstellar ha ampiamente dimostrato seppur in stile hollywoodiano.
Ancora più incredibili e catastrofici sono i buchi neri supermassicci. Per darvi un’idea, al centro della nostra galassia vive e lotta insieme a noi il buco nero supermassiccio Sgr A* di oltre 4 milioni di masse solari: sta letteralmente ingoiando materia interstellare e ne sta anche espellendo come fosse un disco rotante, in un balletto di getti di materia a velocità prossime a quelle della luce.
Indirettamente si può osservare la presenza di un buco nero da ciò che accade nelle sue “vicinanze”: potrebbe inghiottire materia da una stella compagna o influire gravitazionalmente sul periodo orbitale di altre stelle o ammassi stellari.
Oppure, ed è questo il caso, potrebbe trovarsi tra noi e un oggetto luminoso che vogliamo osservare: è qui entriamo nel fascino della fisica. Siamo in grado di osservare una piccola o grande distorsione della luce, come se il buco nero invisibile avesse soffiato sul fascio di luce.
La recente scoperta del buco nero intermedio è avvenuta per caso: osservando un lampo di raggi gamma generato 3 miliardi di anni fa da un’esplosione cosmica (esplosioni originate dalla fusione di una stella di neutroni con buco nero). Il lampo, diretto nella nostra direzione è passato nelle vicinanze di un buco nero. Attraverso il fenomeno delle lenti gravitazionali il buco nero è come se avesse taggato il fascio di luce.
E non finisce qui: si stima che nella nostra galassia i buchi neri di massa intermedia siano più di 45.000.
Anche se non lo sappiamo con certezza, i buchi neri di massa intermedia potrebbero essere dei buchi neri primordiali, addirittura antecedenti alla formazione delle prime galassie dell’universo. Come se fossero i “semi” dei buchi neri supermassicci che oggi osserviamo in quasi tutti i nuclei attivi delle galassie.
Questa nuova scoperta apre le porte a una nuova frontiera della fisica e chissà, magari tra 20 anni potremo dire: “non fanno più i buchi neri di una volta”.