Non si sono fermati mai, neppure durante i giorni più complicati dell’emergenza Covid, e oggi incrociano le braccia per la prima volta da quando Jeff Bezos ha aperto i primi stabilimenti in Italia: sono i lavoratori della filiera di Amazon, tra dipendenti della multinazionale, driver che lavorano per società di trasporto e lavoratori in somministrazione. Una filiera disgregata, fatta di tante piccole e medie aziende a cui Amazon appalta parte delle sue consegne, che compone la galassia di Amazon Logistics. C’è poi il personale che lavora negli hub, i magazzini che rispondono alle logiche di efficienza e rapidità su cui finora si sono concentrate le accuse per i ritmi di lavoro che Amazon impone. In tutto si tratta di circa 40mila persone, lavoratori di un settore, quello della logistica, che durante la pandemia è cresciuto, trainato proprio dall’e-commerce, e si è rivelato indispensabile.
Al centro delle trattative con Amazon Italia e le associazioni datoriali ci sono la verifica dei carichi e dei ritmi di lavoro imposti, la contrattazione dei turni di lavoro, la riduzione dell’orario di lavoro dei driver, la clausola sociale e la continuità occupazionale per tutti in caso di cambio appalto o cambio fornitore, la stabilizzazione dei tempi determinati e dei lavoratori interinali e il rispetto delle normative sulla salute e la sicurezza. Temi che i sindacati hanno sottoposto all’azienda da tempo, ma le trattative si sono arenate senza riuscire a trovare un accordo sulla contrattazione di secondo livello. “I fatti sono che noi mettiamo al primo posto i nostri dipendenti e quelli dei fornitori terzi offrendo loro un ambiente di lavoro sicuro, moderno e inclusivo, con salari competitivi tra i più alti del settore, benefit e ottime opportunità di crescita professionale”, ha dichiarato l’azienda oggi. “Usiamo le più avanzate tecnologie e le mettiamo al servizio dei nostri lavoratori e fornitori per migliorare la sicurezza sul lavoro e semplificarlo”.
L’adesione, dicono i sindacati che hanno proclamato lo sciopero, è in media del 75 per cento, con punte del 90 per cento in alcuni territori. Secondo Amazon invece ha partecipato allo sciopero meno del 10 per cento dei dipendenti e il 20 per cento dei driver che lavorano per i fornitori dei servizi di consegna. L’obiettivo dei lavoratori era quello di bloccare per un giorno la logistica del colosso dell’e-commerce e invece le consegne sono state effettuate ugualmente, sebbene non siano state diffuse stime sull’impatto che lo sciopero ha avuto in termini di ordini non consegnati. Di sicuro i dati forniti dall’azienda descrivono uno sciopero molto più situazione ben diversa da quella che hanno comunicato i sindacati e forse anche questo è un indizio di quanto siano complicate le relazioni tra le parti.
Quel che resta della giornata, al di là dell’adesione, sono le foto, i video e la campagna mediatica che ha accompagnato lo sciopero, con l’invito a boicottare il sito non acquistando niente per tutto il giorno. Non sono mancati messaggi di solidarietà ai sindacati dal mondo politico, primo tra tutti dal Partito democratico: “Oggi i lavoratori e le lavoratrici di Amazon scioperano. È il primo caso al mondo in cui l’intera filiera, dai magazzini ai corrieri, aderisce alla mobilitazione. Il Partito democratico è pronto a incontrarli per ascoltarne le ragioni e difendere i diritti del lavoro nell’era dell’algoritmo”, ha twittato il vicesegretario Peppe Provenzano. Con lui anche gli ex ministri Paola De Micheli e Francesco Boccia.