MILANO – Andamento con forti strappi al ribasso per il titolo del Monte dei Paschi a Piazza Affari, nel giorno in cui chiude la finestra per la conversione dei bond subordinati in azioni nell’ambito dell’aumento di capitale da 5 miliardi. Una vicenda seguita con massima attenzione anche dal Tesoro, con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan che tranquillizza i risparmiatori: “Gli impatti sui risparmiatori, ove si dovesse dar vita a interventi (pubblici, ndr), sarebbero assolutamente minimizzati o inesistenti”. Allo studio, in caso di aiuto di Stato, c’è la conversione dei bond subordinati, ma il ristoro dei “piccoli” investitori.
L’aumento complicato. Giovedì l’operazione di mercato di Mps si chiuderà definitivamente e i numeri diranno se il piano da 5 miliardi è andato in porto. Ma già oggi si saprà quante chances di buona riuscita ci sono: le prospettive non sono rosee. Fino a martedì sera, dalla conversione dei bond in mano ai risparmiatori sono arrivati 500 milioni di euro. A questi vanno aggiunti i 200 milioni della conversione dei titoli Fresh, in possesso ad alcuni fondi. Visto il clima non particolarmente sereno in cui si sta svolgendo l’operazione, a Siena il risultato viene guardato con ottimismo, ma l’auspicio è di arrivare a 1-1,5 miliardi. Ma il compito veramente arduo è coalizzare le energie degli investitori privati sull’aumento di capitale vero e proprio: del Qatar, che doveva esser l’anchor investor sul quale costruire buona parte dell’operazione, sembra si sian perse le tracce.
I 20 miliardi dello Stato. Intanto, in Parlamento, procede l’iter che consentirà al governo di contrarre 20 miliardi di debito in più – a valere sui conti del 2017 – da utilizzare nell’ambito del supporto pubblico alle banche in difficoltà. La commissione Bilancio del Denato ha dato il suo via libera alla relazione del governo sull’aumento, con la variazione ai saldi richiesta dall’esecutivo che ha ottenuto il voto favorevole della maggioranza. Forza Italia e Lega si sono astenute, mentre il M5S ha votato contro.
L’intervento del governo – è stato spiegato dopo il cdm che ha approvato la richiesta di variazione del bilancio pubblico – si concretizzerà come supporto alla liquidità degli istituti e intervento diretto nelle ricapitalizzazioni. Già per il Monte dei Paschi, qualora fosse necessario nelle prossime ore scatterà un decreto ad hoc. Ma secondo gli analisti finanziari di Bloomberg, rischia di esser un ombrello troppo piccolo per riparare le banche dalla tempesta di svalutazioni legata alla cessione dei crediti deteriorati in pancia agli istituti: l’ammanco di capitale, se si considerano i potenziali accantonamenti per coprire le svalutazioni legate alla cessione dei crediti, ammonterebbe a ben 52 miliardi, due volte e mezzo la cifra messa sul piatto dal governo.
La grafica di Bloomberg mostra come una reale pulizia dei bilanci bancari italiani dai crediti in sofferenza genererebbe necessità di coperture aggiuntive per 52 miliardi
La stima dell’agenzia Usa include gli 8 miliardi che Unicredit dovrà rettificare a bilancio prima di vendere il suo pacchetto di 18 miliardi di sofferenze, come dettagliato nel recente piano, e usa proprio questa proporzione come un punto di riferimento (una “proxy”) per tutto il sistema bancario. Secondo un report prodotto dalla filiale italiana di Deutsche Bank, se si considera che le banche come Unicredit e qualcuna altra possono raccogliere sul mercato in autonomia una ventina di miliardi, l’aiuto pubblico necessario a supportare le pulizie di bilancio veramente risolutive dovrebbe arrivare a coprire gli oltre 30 miliardi rimanenti. Proprio Unicredit ha deciso di portare al 75% le coperture per la categoria di crediti più difficili, allineando così la loro svalutazione al valore d’acquisto di mercato da parte delle società specializzate, e al 40% per gli altri. Riportare questo rapporto di copertura sull’intero sistema bancario – che ha 356 miliardi di euro di crediti cattivi e 165 miliardi di coperture – richiederebbe appunto i 52 miliardi di cui sopra.