MILANO – La Fed ha alzato i tassi per la prima volta dal dicembre 2015, porando il costo del denaro nella fascia 0,5-0,75%, ma quel che più importa agli occhi degli investitori è che ha suggerito un percorso di crescita probabilmente un po’ più accelerato nel corso dei prossimi mesi. A spiegare la posizione della Banca centrale americana c’è il rialzo delle prospettive di inflazione, unito alla situazione del mercato del lavoro che presenta piena occupazione e spinta al rialzo dei salari. La stima sulla crescita del Pil Usa è stata rivista al rialzo. Ora le mosse dei banchieri americani – proiettate sul prossimo anno – prevedono in media tre rialzi da un quarto di punto del costo del denaro, dai due stimati nel settembre scorso.
L’effetto sui mercati è stato contenuto, ma in una fase di estrema euforia questa indicazione “da falco” dell’istituto centrale di Washington ha portato l’S&P500 a segnare la peggior performance degli ultimi due mesi, mentre il dollaro si è portato sui massimi di 14 anni contro un basket di valute e il rendimento del Treasury a 10 anni si è portato al top del 2014. L’euro si deprezza sensibilmente sotto quota 1,05 contro il dollaro, che avvicina la parità. Sempre sul fronte valutario, sotto pressione lo yuan: la Banca centrale cinese ha dovuto fissare la parità sul dollaro a 6,9289, in calo di 261 punti e ai minimi degli ultimi 8 anni e mezzo. I listini europei aprono contrastati: Milano riesce a segnare un rialzo dello 0,3% in avvio.
Nel grafico Bloomberg si vede in viola la risalita del dollaro contro un paniere di valute concorrenti. Il movimento è dettato dalla crescita delle stime sul costo del denaro alla fine del 2017 da parte del mercato (linea bianca, scala destra) e dei responsabili della politica economica (linea blu, scala destra)
A Piazza Affari tengono banco le vicende che hanno infiammato gli investitori in questi giorni, che riguardano la scalata di Vivendi su Mediaset e il tentativo di salvataggio sul mercato di Mps.
Vendite sui titoli di Stato dell’area euro dopo la decisione della Fed di alzare i atssi di interesse: il rendimento del Btp decennale sale all’1,86% con lo spread sul bund che resta in area 150 punti per effetto delle massicce vendite sul titolo tedesco, che vede salire il rendimento allo 0,370%. Torna sotto i 40 punti lo Spread tra Italia e Spagna. L’agenda macro prevede gli indici Pmi manifatturieri per l’Eurozona, le vendite al dettaglio della Gran Bretagna e le decisioni di politica monetaria della BoE. Bankitalia diffonde i dati sul debito, mentre dagli Usa arrivano i sussidi per la disoccupazione, l’inflazione e l’indice della Fed di Philadelphia.
In mattinata, la Borsa di Tokyo ha chiuso in timido rialzo (+0,1%) supportata dallo yen debole contro il biglietto verde. L’indice Pmi manifatturiero relativo al Giappone è salito al 51,9 a dicembre dal 51,3 di novembre, toccando il massimo da gennaio (sopra la soglia di 50 punti indica espansione). In calo, però, del 5,6% gli ordini di macchinari industriali a novembre. Chiusura in flessione dello 0,75% per la Borsa di Shanghai, mentre Hong Kong è arrivata a perdere il 2% dopo le decisioni della Fed.
Un rialzo dei tassi americani più veloce del previsto deprime il prezzo dell’oro sui mercati che scende dello 0,7% a 1134 dollari l’oncia quotando così ai minimi degli ultimi 10 mesi. Le prese di beneficio, dopo la corsa dei giorni scorsi sull’onda dell’accordo Opec e la prospettiva di un riavvio più incisivo dell’export di greggio dalla Libia, penalizzano invece il petrolio: il greggio Wti del Texas scende così sotto quota 51 dollari (50,99) con un calo di 1,94 dollari. Male anche il Brent che lascia sul terreno il 3,3% a 53,98 dollari.