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‘Ndrangheta, confisca da 212 milioni di euro per il “signore del bitume”

Feb 11, 2021

REGGIO CALABRIA – Società, ville, terreni, fabbricati, conti in banca, orologi di lusso e da collezione, persino vigneti. È un patrimonio immenso, valutato oltre 212 milioni di euro quello confiscato oggi a Domenico Gallo, uno dei “miliardari del bitume” che per decenni ha ramazzato appalti e lavori anche grazie ai contatti con i clan.

Il suo impero, sostengono i magistrati della procura antimafia di Reggio Calabria, è frutto di “quell’amalgama con esponenti della ‘ndrangheta, uomini della pubblica amministrazione e faccendieri che gli ha consentito di accaparrarsi l’esecuzione di grandi opere pubbliche”. Per questo nel 2018 il suo patrimonio era stato sequestrato e adesso deve essere confiscato, insieme a quei beni che due anni fa non erano stati ancora individuati.

Così hanno chiesto il procuratore capo Giovanni Bombardieri, l’aggiunto Gaetano Paci e il pm Gianluca Gelso al tribunale di Reggio Calabria, che ha accolto l’istanza ordinando che l’intero patrimonio dell’imprenditore diventi di proprietà dello Stato. Il provvedimento è stato eseguito questa mattina dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria e dallo Scico, che a Gallo, ritenuto dai giudici “soggetto socialmente pericoloso”, hanno notificato anche un provvedimento di sorveglianza speciale della durata di 5 anni.

Del resto, il nome di Gallo fin dal 1985 compare in informative di polizia come elemento di spicco dell’alleanza tra imprenditoria mafiosa e mondo politico-amministrativo a livello locale e nazionale. Negli anni successivi, lui e le sue imprese sono stati travolti o lambiti da una serie infinita di indagini che hanno accertato l’interesse dei clan in grandi e piccoli lavori pubblici come “Cumbertazione”, “Martingala” e “Waterfront”, oppure l’assoluta nonchalance con cui l’imprenditore frodava fisco e pubblica amministrazione come attestano le inchieste “Chaos”, “Amalgama”, “Arka di Noè” e “Red Line”.

A lui e ai suoi familiari faceva capo una vera e propria galassia di società e ditte, che hanno operato indisturbate in Calabria, come nei cantieri delle grandi opere come la ferrovia ad alta velocità Milano Genova. E “sin dalla metà degli anni ottanta – scrivevano i giudici del Tribunale nel disporre il sequestro – sono state portate avanti con modalità essenzialmente illecite”.

Primo, sottolineavano, “le commesse sono state ottenute solo grazie ad una stabile e continua attività di corruzione”. Ma le società di Gallo, specificano, erano “sporche” già dalla nascita. “Non solo si sono costituite con risorse di cui l’effettivo titolare non poteva disporre – si leggeva nelle carte – ma hanno operato e prodotto ricchezza con modalità illecite”. Messe sotto la lente dagli investigatori nel corso delle innumerevoli indagini in cui sono incappate, tutte lavoravano con lo stesso metodo. Dagli accertamenti sono emerse “decine di operazioni sospette e movimentazioni di giro fra le varie società del gruppo per importi elevati che hanno comportato una totale commistione di risorse lecite e illecite all’interno di tutte le società coinvolte”. Risultato, beni, ville, terreni, prodotti finanziari che nel corso del tempo Gallo e i familiari hanno acquistato devono essere considerati illeciti perché “costituenti il reimpiego di denaro di provenienza illecita”. Nello specifico si tratta di 13 società di capitali e relativo patrimonio aziendale e delle quote in loro possesso di un’altra società, più 11 beni immobili (terreni e fabbricati, tra cui una villa di pregio), 1 autoveicolo, 12 orologi di lusso e rapporti bancari e assicurativi. E adesso tutte deve passare allo Stato.

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