MILANO – Ore 9:40. Tra mille scetticismi, la macchina dell’Opec sembra si sia messa effettivamente in movimento in direzione di un taglio ai livelli di produzione del petrolio. Undici Paesi, capitanati dalla Russia, hanno concordato con il cartello produttore di aggiungere altri barili al conteggio del taglio produttivo annuciato nei giorni scorsi. La stessa Arabia Saudita, che guida l’Opec, ha parlato della possibilità di riportare i livelli estrattivi sotto i 10 milioni di barili al giorno, asticella superata nel marzo 2015. “Il coordinamento è senza precedenti”, annota Nei Beveridge di Sanford C. Bernstein all’agenzia Bloomberg. “Se dovessero essere effettivamente rispettosi di questo accordo, i tagli sarebbero sufficienti a mandare il mercato in deficit di greggio”, con conseguente risalita dei prezzi. Una risalita che serve ai bilanci dei Paesi produttori, ma che permetterebbe d’altra parte ai produttori di shale americano (la cui estrazione è più costosa) di affacciarsi sul mercato. Intanto, il prezzo del greggio Wti è tornato ai massimi del luglio 2015, a 54,5 dollari al barile, mentre il Brent si è portato a 57,8 dollari.
Se il mondo guarda al greggio, a Piazza Affari tiene banco la vicenda bancaria: il Monte dei Paschi viene acquistato in Borsa, mentre il management sta cercando di portare a termine l’aumento di capitale di mercato, ma l’opzione del salvataggio pubblico resta sempre dietro l’angolo. Intanto, Unicredit ha ufficializzato l’attesa cessione di Pioneer ai francesi di Amundi in un accordo da 3,8 miliardi: un’altra notizia che porta buonumore sul titolo. Sentimento condiviso anche su Eni, che ha ceduto per oltre 1 miliardo di dollari il 30% di una grande concessione in Egitto a Rosneft. Sulla scorta di queste notizie, Milano tratta in rialzo dell’1%, mentre le altre Borse europee sono caute: Parigi e Londra +0,15%, Francoforte -0,2%.
L’euro è in lieve ribasso sul dollaro. All’avvio degli scambi sui mercati del vecchio continente, la moneta unica viene scambiata a 1,0565 sul biglietto verde. Venerdì secondo le rilevazioni della Bce valeva 1,055 sul dollaro. Lo spread è stabile poco sotto 170 punti base, con il decennale italiano che rende il 2,1% sul mercato secondario.
La crescita del prezzo del petrolio, che rialza le prospettive di inflazione, ha messo ulteriore pressione sul mercato obbligazionario in vista del rialzo dei tassi della Fed che i mercati danno per certo a metà settimana.
L’indice di Bloomberg che traccia l’andamento dei bond nei maggiori Paesi sviluppati si è portato ai minimi da dieci mesi. Pesano le pressioni inflazionistiche, alimentate dal prezzo del petrolio (in blu) che è nettamente risalito
Chiusura in netto calo per le Borse cinesi: a Shanghai l’indice Composite è sceso a 3.152,97 punti a -2,47%, mentre a Shenzhen l’indice Component ha perso terreno a 10.302,85 punti a -4,51%. Sulla fiducia degli investitori asiatici ha pesato l’andamento del settore immobiliare, che per gli operatori è una minaccia sul futuro. Ha terminato invece in rialzo per la Borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei 225 che sale dello 0,84% a 19.155,03 punti. Wall Street riparte dopo l’ennesima seduta da record, che ha permesso alla Borsa americana di chiudere la quinta settimana di rialzi.
Le quotazioni dell’oro scendono ai minimi da 10 mesi a fronte della volata del petrolio dopo l’intesa tra i paesi Opec e non sui tagli alla produzione. Il lingotto con consegna immediata perde lo 0,5% a 1.154 dollari l’oncia.