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Landini su Fca-Psa: “Accordo storico ma con il governo assente perderemo le opportunità”

Gen 5, 2021

ROMA – “È davvero singolare che mentre si è di fronte al più grande accordo finanziario e industriale europeo, il governo italiano, dopo aver concordato un ingente prestito, rischi di fare da spettatore e la maggioranza stia morendo di tattica nel discutere sulla composizione dell’eventuale nuovo esecutivo. Questo è grave”. Ed è la questione centrale, secondo il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini: da una parte le nozze tra Fca e Peugeot, con le incognite, sì, del nuovo piano industriale e le ricadute sull’occupazione in Italia ma anche, e soprattutto, le opportunità che si presentano sui versanti del nuovo lavoro e della mobilità sostenibile; dall’altra l’assenza di decisioni di politica industriale. “Un vuoto colpevole, per la verità da almeno dieci anni”, dice. “Mentre – aggiunge – mai prima d’ora l’Europa aveva messo in campo tanti miliardi per progettare un nuovo modello di sviluppo”.

Dunque, lei dice sì alla fusione Fca-Peugeot? Non vede, come altri, il rischio di sovrapposizioni produttive e di chiusure di stabilimenti?

“Distinguiamo i due aspetti. Sicuramente siamo di fronte a un passaggio storico. Quello che ha portato a Stellantis è, ripeto, il più grande accordo finanziario e industriale tra soggetti privati che si è realizzato in Europa. Il tutto in un settore strategico come quello della mobilità. Torna la centralità industriale della produzione di mezzi per il trasporto di persone e merci. E questo accade mentre l’Europa ripensa, con il Next Generation Eu, le logiche della mobilità, della sostenibilità ambientale e digitale mettendo a disposizione degli Stati miliardi di euro come non se ne erano mai visti, in una logica, in più, di condivisione del debito”.

È questa l’opportunità che vede: ridefinire i criteri della mobilità, ambientalmente sostenibile, sfruttando la nascita di un nuovo colosso industriale europeo?

“Sì, ma per farlo occorre fare sistema, cosa che fin qui non si è visto”.

Cosa vuole dire in concreto?

“Banalmente che ciascuno faccia la sua parte: l’impresa investa sull’innovazione, la qualità del lavoro e l’occupazione; il governo fissi le linee di politica industriale necessarie in una logica europea. Tutto si lega: la politica industriale con le energie rinnovabili; la formazione del lavoro con la qualità della produzione. Questa è un’occasione anche per ridisegnare la stessa filiera della componentistica perché la lunga catena del valore che si è imposta nei decenni del neoliberismo ha mostrato tutti i suoi difetti proprio durante questi mesi terribili del coronavirus. Pensi solo al problema della produzione della batterie per l’alimentazione delle auto elettriche”.

Dove Francia e Germania hanno fatto già un accordo.

“Esatto. Ed è questo il punto: non abbiamo più tempo da perdere sul terreno degli investimenti sulle nuove frontiere produttive, elettrico, ibrido ed idrogeno”.

Colpa del governo?

“Non solo di questo governo. Sono almeno dieci, quindici anni che i governi non si sono occupati di politica industriale, hanno lasciato che fossero le regole del mercato a guidare con i risultati che vediamo”.

Già, ma è esattamente il mercato che ha portato alla fusione Fca-Psa.

“Ma senza una politica di sistema quell’intesa non produrrà gli effetti necessari. Tant’è che il governo francese, seppur con una piccola quota, fa parte dell’azionariato di Stellantis”.

L’accordo favorirebbe, quindi, i francesi, protetti dal governo?

“L’accordo deve dare impulso a scelte strategiche per cambiare il nostro sistema della mobilità, che vuole dire non solo l’auto, ma anche il trasporto pubblico locale, i treni, le navi, il sistema infrastrutturale. Tutto ciò richiede la presenza in campo di gruppi che non casualmente sono controllati dal pubblico: Enel, Eni, Snam, Terna. Sulla mobilità e sulle energie rinnovabili ci giochiamo il futuro”.

Fine dal capitalismo familiare, anche sotto questo profilo?

“Insisto, siamo davanti a un cambiamento epocale, non esito a definirlo storico perché non ci sono precedenti. Ed è un cambiamento, non la fine del capitalismo. Ma senza un’azione pubblica e la valorizzazione del lavoro perderemo un’occasione”.

Ma come si risolve la contraddizione tra capitale globale, senza confini e vincoli nazionali, e i lavoratori, per ovvie ragioni, locali?

“Anche qui si pone un tema nuovo: quello della partecipazione dei lavoratori alle scelte strategiche delle aziende, investendo sull’intelligenza delle persone che lavorano. Ma in Italia c’è bisogno di definire le regole legislative sulla rappresentanza, altrimenti resta tutto sulla carta”.

Una delle novità di Stellantis è proprio quella sulla partecipazione dei lavoratori nel cda del gruppo. Serve una legge per renderla applicabile?

“In Italia sì. In Francia e Germania ci sono già. Anche questo è un tassello di quel sistema che si deve realizzare per sfruttare appieno le opportunità”.

Ma allora il rappresentante dei lavoratori in Stellantis sarà francese?

“Per Psa sì, per Fca è già un americano ed è stato indicato dall’azienda. Serve un confronto per un nuovo modello di relazioni che faccia decidere direttamente i lavoratori. Occorre affrontare i temi, non fare da spettatori”.

Riferimento chiaro, e di nuovo, rivolto al governo.

“Certo. La politica sta rischiando di perdere il contatto con il Paese proprio in una fase in cui emerge una forte domanda di lavoro stabile, di protezione, di sicurezza. Questo vuoto operativo si ripercuote anche sull’economia perché la sfida competitiva si è spostata dai costi di produzione alla qualità innovativa che richiede investimenti sulla formazione, la conoscenza, la ricerca. È questo è la funzione che deve svolgere la politica. Fare sistema vuole dire questo. Ma qualcuno può pensare che mentre noi dibattiamo sul rimpasto la Cina o gli altri Paesi europei non pensino a come aumentare la propria presenza sui mercati? Soli i miopi non lo vedono”.

Mi deve ancora dire come vede il futuro degli stabilimenti Fca in Italia.

“La capacità produttiva delle fabbriche italiane è ampiamente sottoutilizzate. Se si escludono Sevel e Melfi sono tutte, da tempo, in cassa integrazione. Servono nuovi investimenti dopo i 5 miliardi già previsti. L’ad Tavares dovrà presentare il piano industriale inserendo gli stabilimenti italiani nella prospettiva della nuova mobilità. Va da sé che non sarebbero tollerabili tagli occupazionali”.

Landini, lei è stato l’uomo della rottura tra la Fiom e Marchionne sulla nuova organizzazione e i diritti dei lavoratori. Stellantis è frutto, forse, anche di quella stagione. Oggi la Fiom, come lei, apprezza la fusione. Ha cambiato idea?

“Personalmente no. Siamo in un’altra fase, il quadro è cambiato. Il nostro non è mai stato uno scontro contro un uomo. Abbiamo contestato quei piani di investimenti, che infatti sono spesso cambiati, quel modello di relazioni industriali e di condizioni lavorative. Ora c’è l’opportunità di scrivere una pagina nuova e le premesse ci sono dopo gli accordi con tutti i sindacati metalmeccanici per le riaperture in sicurezza delle fabbriche”.

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