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Gorno Tempini: “Sono pronti 44 miliardi per le imprese private. Così l’Italia nel 2021 ripartirà”

Gen 3, 2021

Il 2020 è stato un anno difficile sotto il profilo sanitario ma anche economico. Nel 2021 le principali istituzioni, a partire dal governo, prevedono una crescita importante. Giovanni Gorno Tempini, dal suo osservatorio di presidente della Cassa Depositi e Prestiti, come vede la situazione europea e internazionale?

“A livello macroeconomico sarà l’anno del rimbalzo, anche se molto dipende dai tempi di uscita dal Covid. Man mano che il vaccino verrà diffuso vi sarà un’accelerazione verso la normalità. A livello microeconomico la pandemia ha spinto importanti novità quali il ricorso al digitale, allo smartworking, agli acquisti online. Tornare alla normalità non vorrà dire tornare alla situazione precedente, e la crescita dipenderà da come i diversi settori dell’economia sapranno impadronirsi delle nuove tendenze”.

Le risorse stanziate dal Recovery Fund per l’Italia sono ingenti, lei ha una ricetta per spendere bene questi 209 miliardi?

“Il 2020 è stato un anno chiave nella storia dell’Unione Europea, per la prima volta si è parlato di progetti comuni e di debito comune. Il Recovery Fund è il punto centrale della nuova strategia europea e la Commissione ha voluto indicare due temi sopra gli altri: il digitale e la green economy. Le risorse del Recovery andranno almeno per il 20% al digitale e per il 37% alla green economy, in pratica più della metà delle risorse sono già indirizzate. Ora spetta agli stati Stati membri dire come vorranno spenderle tenendo presente altri temi cruciali come le infrastrutture materiali, immateriali e sociali, la sanità, l’istruzione e la ricerca. E La cultura, anche nei suoi aspetti digitali. Le grandi priorità sono note, la vera sfida sarà declinare i progetti e portarli a termine, nell’orizzonte temporale del Recovery che è pluriennale”.

Una volta terminata la fase dei ristori e dei sussidi bisognerà passare al rilancio dell’economia. Lei ha fatto parte della Commissione Colao, che indicazioni si possono trarre da quel lavoro?

“L’esperienza della Commissione Colao è stata bellissima, persone con formazione diversa e con libertà di pensiero si sono trovate con lo spirito di dare una mano. Credo che molti dei suggerimenti siano poi riemersi nei provvedimenti di legge, per esempio è stata indicata la necessità di ricapitalizzare le imprese. Il fondo Patrimonio e Rilancio da 44 miliardi, già esaminato alla Camera, dovrà servire proprio a questo. Saranno soldi pubblici gestiti dalla Cdp e condizionalità a carico delle imprese che ne beneficiano, come ad esempio in materia di remunerazione del management. E sarà costruito in modo da lavorare a fianco di capitali privati, quindi con criteri di razionalità economica”.

Quindi l’obbiettivo primario del Fondo sarà pertanto quello di entrare nel capitale delle aziende in un’ottica di medio periodo, anche per evitare un loro eccessivo indebitamento. E’ corretto?

“Il Fondo è parte di una strategia più complessiva di supporto alle imprese grandi e piccole, fatto di accesso al credito e al capitale di rischio. Rispetto alla crisi del 2009, che venne aggravata dalle politiche di austerità oggi sia la politica monetaria che quella fiscale sono espansive e ciò significa che gli operatori avranno due canali di finanziamento che aiuteranno la ripresa”.

Tra Recovery e Fondo Patrimonio non si rischia di far lievitare eccessivamente il debito pubblico e minare la fiducia degli investitori sulla sua sostenibilità?

“In tutto il mondo a fronte di crisi straordinarie quale la pandemia gli Stati sono chiamati a un compito eccezionale. È vero che i capitali presi a prestito sono ingenti ma grazie all’azione delle banche centrali siamo in una fase in cui il debito costa poco e personalmente non vedo una ripartenza dell’inflazione a breve. E per ridurre il debito pubblico non si può far altro che agire sulla crescita dell’economia”.

Nei mesi scorsi Cdp ha promosso la fusione di Sia con Nexi e poi con l’olandese Nets, creando un campione europeo a trazione italiana. E’ un nuovo modo di intervento da parte di una spa controllata dallo Stato ma che utilizza capitali in gran parte privati?

“Il primo intervento di Cdp nel capitale di Sia risale a sette anni fa con una partecipazione pari all’80%. Ora attraverso le due fusioni con Nexi e Nets la quota si è diluita sotto il 20%, peraltro generando ritorni importanti sul capitale. Mi pare un buon esempio di come la Cassa può intervenire in una logica nella quale la crescita delle aziende nazionali viene privilegiata rispetto al controllo. Sia-Nexi-Nets crea un campione europeo dei pagamenti orientato al futuro, a trazione italiana, basato a Milano e con una capitalizzazione importante, è un passaggio chiave per l’evoluzione il futuro di questo settore”.

Vista l’attualità della Brexit con grande tempismo siete riusciti a riportare la Borsa Italiana in un alveo europeo. Quali saranno le ricadute di questa operazione?

“È una spinta forte verso il mercato europeo dei capitali. Con l’operazione Euronext-Borsa Italiana alcune attività importanti per tutto il gruppo verranno concentrate a Milano, parlo delle i funzioni di IT, Monte Titoli e Cassa di Compensazione e Garanzia, che saranno al servizio di tutto il gruppo e non più della sola Italia. Inoltre le aggiungo che con la nascita dell’acceleratore fintech promosso da Cdp a Milano, l’Italia ha la grande opportunità di diventare un polo di servizi legati alla finanza del futuro”.

In Telecom da due anni siete impegnati in una battaglia con il primo azionista Vivendi per la realizzazione delle rete unica. È un progetto davvero realizzabile oppure no?

“Con il Covid la realizzazione di una rete unica è diventata, come ha detto qualcuno, un diritto di cittadinanza, che va reso disponibile a tutti gli italiani, a tutte le imprese e alle pubbliche amministrazioni. Cdp crede nella fibra da anni come dimostra l’investimento in Metroweb, poi confluita in Open Fiber. E ora il Il nostro intento è quello di cercare una soluzione equilibrata con i vari attori perché la rete unica diventi una realtà”.

Per rilevare Autostrade a due anni e mezzo dal crollo del Ponte Morandi Cdp ha formato una cordata con i fondi esteri Macquarie e Blackstone, notoriamente aggressivi nella ricerca del maggior rendimento. Riuscirete a convivere dal momento che Cassa è invece un investitore meno esigente?

“Cdp è una spa controllata dal Tesoro che investe capitali privati e che pertanto ha bisogno di una remunerazione in linea con il mercato. È un capitale produttivo ma paziente. Fondi come Macquarie, Blackstone raccolgono i loro capitali da istituzioni come fondi pensione e assicurazioni che hanno anch’esse un’ottica di lungo periodo, quindi non dovrebbero esserci problemi. Di più non posso aggiungere perché si tratta di un dossier in fase di negoziazione”.

Condivide gli allarmi recentemente lanciati dal Copasir sulla possibilità di scalate dall’estero a aziende italiane indebolite dalla congiuntura economica, e in particolare sugli appetiti francesi per banche e assicurazioni?

“L’ingresso di capitali dall’estero è molto importante per l’Italia che ha ingenti necessità di investimenti. Ma tutti i paesi sono attenti ai temi del controllo e della governance per interventi nei settori strategici. Quindi sì agli investimenti dall’estero ma dipende da come, dove, con che quote, con quale governance. È importante essere un paese aperto ma non passivo”.

Una nuova ondata di crediti deteriorati potrebbe mettere a rischio l’erogazione del credito da parte delle banche, essenziale cinghia di trasmissione per far arrivare le risorse all’economia reale. Cosa possono fare le banche per evitare questo rischio?

“Le banche, come gli altri settori e anche in conseguenza del Covid, sono chiamate a fare innovazione a 360 gradi, devono dotarsi di nuove modalità per interagire con la clientela, inventare prodotti e servizi nuovi al passo con la rivoluzione digitale. Occorrono investimenti rilevanti e che toccano tutti gli aspetti dell’attività bancaria, è normale che ricerchino economie di scala in forme diverse che non sono solo le fusioni”.

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