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Virus, l’unico italiano nel team del vaccino cubano: “Pronto entro metà 2021, sarà pubblico e gratuito”

Dic 26, 2020

Fabrizio Chiodo, siciliano di Palermo, ha 35 anni ed è l’unico straniero che sta lavorando nel team statale cubano alla ricerca dei vaccini contro il Covid-19. Professore di Chimica e immunologia dei carboidrati all’Avana, una lunga esperienza in Spagna e poi in Olanda, è da poco rientrato in Italia al Cnr di Pozzuoli. Causa restrizioni ai viaggi, i lavori li segue da lontano, quindi. “Entro metà 2021 anche Cuba avrà il suo vaccino, pubblico e gratuito”, racconta.

Adesso a che punto siete?

“Ci sono quattro vaccini cubani disegnati, sviluppati e testati in sperimentazione sui 57 nella lista dell’Oms. Cuba produce il 90 per cento dei vaccini che vengono somministrati alla propria popolazione, l’esperienza di decenni di ricerca pubblica è fondamentale. Personalmente sto lavorando al Soberana 1 e al Soberana 2, che significano “sovrana”, dei quattro sono quelli più avanzati nello sviluppo”.


In quale fase si trovano i due Soberana?

“Contiamo di terminare la fase 3 entro i primi tre mesi nel 2021. Ovvero il clinical trial in umano, dove si misura l’efficacia del vaccino, per poi cominciare con la campagna vaccinale da giugno 2021, utilizzando formulazioni e targeting diversi in base all’età della popolazione”.

Che filosofia scientifica state seguendo?

“In pratica è stato cambiato un solo “pezzettino” della formulazione di vaccini pre-esistenti, utilizzando quindi molecole già presenti in altre formulazioni. Cuba ha l’unico vaccino bivalente contro meningococco B e C, esiste da 14 anni, la base come adiuvante è quella. Doveva essere una tecnologia altamente scalabile, che se ne potessero produrre molte dosi quindi, stabile a temperatura diverse, utile sia in ambito pediatrico che nelle persone anziane. Quindi invece di sviluppare un vaccino tutto daccapo, abbiamo sfruttato quel che già c’era”.

A Cuba la pandemia quanti morti ha fatto?

“Su 11 milioni e mezzo ci sono stati 145 morti, relativamente pochi. Lo si deve al fatto che Cuba ha sempre coniugato il sistema sanitario pubblico con il mondo accademico e della ricerca, e c’è grande fiducia attorno ad essi. Il Paese ha il più alto rapporto tra medici e cittadini, il medico di base è quasi un parente aggiunto per ogni famiglia. Nel corso degli anni i dottori cubani in giro per il mondo con le brigate di solidarietà hanno fatto esperienza con l’Ebola in Africa, in più c’è ed è ben conosciuta la febbre dengue. Insomma, per le pandemie esisteva per forza di cosa una forma di attenzione molto alta”.

Anche a Cuba le forme di tutela contro il contagio sono quelle classiche? Cioè mascherina, distanziamento e così via?

“Sì, è così. La percentuale di guariti al Covid-19 è del 92,5 per cento, tutti curati con farmaci homemade, visto l’embargo che dura da 58 anni. Nel tempo il Paese, a causa dell’isolamento, si è creato un arsenale biotecnologico di livello”.

L’esperienza dei medici cubani che arrivarono in Lombardia e Piemonte durante la prima ondata per aiutare a fronteggiare l’emergenza è servita?

“Un primo background lo abbiamo ricevuto dalla Cina, ma anche l’esperienza italiana è sicuramente stata utile. Ad oggi Cuba ha ancora 40 brigate in giro per il mondo, fanno parte della storia solidale dell’isola, e in più permettono di affinare osservazione e capacità in campo medico”.

Il vaccino cubano che destino avrà? Rimarrà solo nell’isola?

“L’intento principale è produrlo per Cuba, ma essendo un paese socialista verrà distribuito in tutti i paesi in via sviluppo che lo richiedono in maniera gratuita. Ad oggi Bio Cuba Pharma ha 40 mila lavoratori ed esporta già in 48 paesi nel mondo. Con l’Oms inoltre Cuba mantiene un buon rapporto istituzionale. Devo dire che in campo di ricerca nessuno al mondo sta utilizzando i nostri approcci, che però hanno un enorme vantaggio: i costi sono più bassi”.

Dal suo punto di vista, i vaccini “capitalisti” sono un buon prodotto?

“Non metto in dubbio l’efficacia di nessun vaccino in commercio, assolutamente, posso essere critico solo delle modalità di produzione e distribuzione. Il “cattivo” non è Pfizer, per dire, ma penso il modello economico in sé. Contestare un vaccino che ha superato i passaggi ufficiali significherebbe far crollare la scienza. Ci chiediamo tutti invece, a livello globale, quanto durerà la copertura, come funzionerà con i richiami, ma appunto: sono quesiti che riguardano il mondo intero”.

A Cuba i vaccini sono obbligatori?

“No, ma ricordo che nel 2013 quando arrivai le persone ci chiedevano novità sul vaccino contro il tumore al polmone, che al momento è anch’esso in clinical trial. I quali sono tutti composti da volontari, mentre le altre compagnie danno un indennizzo. Per dire che i cubani hanno grande fiducia nella scienza e nel sistema vaccinale. Non c’è bisogno di obbligare nessuno”.

Quando pubblicherete i risultati delle vostre ricerche?

“I nostri prodotti vanno protetti intellettualmente, ci stiamo lavorando e i brevetti sono pubblici ma stiamo aspettando il via libera dell’ufficio brevetti per pubblicare nelle riviste scientifiche internazionali. A breve comunque”.

Uscendo dal campo medico, ma lei è comunista?

“Sì, la risposta è sì, senza giri di parole. Solo a Cuba è possibile lavorare ad un prodotto che vada dal laboratorio alla clinica in maniera totalmente pubblica. Faccio questo lavoro principalmente per gli altri, è la mia etica, che si sposa in pieno con il lavoro portato avanti nell’isola”.

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