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La Lazio, Inzaghi e il futuro: serve chiarezza

Dic 24, 2020

ROMA – Gli acquisti in ritardo, il Covid all’interno dello spogliatoio, gli infortuni e l’impatto della Champions, lo stress delle partite ravvicinate e mai come quest’anno, stravolto dalla pandemia. E’ successo di tutto e diciamo la verità: la Lazio avrebbe bisogno di un mese di preparazione e di ripartire da zero per essere valutata. Venti partite ufficiali, le prime 3 con il mercato aperto, altre 17 dal 17 ottobre al 23 dicembre compresa la sosta di novembre per le nazionali. Ottavo posto in Serie A, cinque sconfitte e diverso terreno perso in campionato, qualificazione agli ottavi di Champions chiudendo il girone da imbattuti, traguardo centrato dopo vent’anni da Inzaghi che aveva già avuto il merito di riportare la Lazio nell’elite europea dove Lotito era arrivato una sola volta, nel 2007, per merito della coppia Rossi-Sabatini. Tra Natale e Capodanno il presidente, il ds Tare e il tecnico si confronteranno per analizzare i primi mesi della stagione. E’ un appuntamento fondamentale per guardare avanti e gettare le basi verso il futuro, non solo legato al rinnovo di Inzaghi, tuttora in bilico.

LULIC E DIFESA. Prima di parlare del contratto del tecnico, cerchiamo di capire cosa andrebbe fatto per migliorare la Lazio, ben sapendo che la società (per scarsa disponibilità finanziaria) difficilmente progetterà interventi radicali. Il primo nodo riguarda Lulic, fermo da quasi un anno. Non si può più aspettare il suo ritorno, peraltro sapendo che a fine stagione quasi certamente rientrerà in Svizzera. Fares (da solo) non basta per sostituirlo. Se la Lazio andrà avanti con il 3-5-2, andrà preso un esterno mancino e di buone qualità tecniche, che sappia crossare e alzare il livello dei titolari. L’altro ragionamento riguarda la difesa, nota dolente. Un centrale di piede destro permetterebbe a Inzaghi rotazioni più semplici con Luiz Felipe e Patric. Ora è costretto ad alternare tre mancini (Hoedt, Radu, Acerbi) con l’olandese utilizzabile soltanto in mezzo: è un limite chiaro.

FANTASIA. C’è un aspetto tattico difficilmente migliorabile. O meglio, sarebbe stato superato se in estate David Silva avesse detto sì al ds Tare. La qualità offensiva, la creatività, le idee della Lazio sono espresse quasi interamente da Milinkovic e da Luis Alberto. Trovare due alternative dello stesso livello è quasi impossibile, anche se a San Siro nell’ultimo quarto d’ora (quando è uscito il serbo) avrebbero fatto comodo la fisicità e l’esperienza di Parolo. In passato la Lazio attaccava con Candreva, Mauri, Felipe Anderson e Keita. Inevitabilmente sono qualità e colpi dei giocatori a fare la differenza. Nel 3-5-2 molto passa per vie centrali, determinano il Mago e il Sergente. E’ un po’ lo stesso difetto dell’Inter di Conte, solida e muscolare, a volte troppo piatta, senza la stessa qualità della Lazio a centrocampo. Simone si dovrebbe sforzare di inserire e trovare una collocazione tattica ad Andreas Pereira. L’ex Manchester United è l’unico tra i giocatori presi nell’ultima sessione di mercato che può garantire un certo tipo di livello. Ha colpi, deve essere inquadrato. In Premier e nella Liga ha giocato soprattutto da esterno, ma può muoversi da mezzala. La stagione vola via in fretta: è necessario accelerare l’inserimento di forze fresche, altrimenti prevale la stanchezza, si spremono i giocatori, si moltiplicano gli infortuni. La panchina non è lunga, così si rischia di accorciarla. E’ il caso di Escalante, sta dimostrando di poterci stare, forse poteva già giocare con il Verona e Leiva, alla settima partita di fila, non si sarebbe stirato. Inutile forzare i recuperi e insistere sempre sugli stessi uomini. I casi di Correa e Acerbi lo dimostrano.

NODO CAICEDO. Muriqi, su cui Tare ha investito quasi 20 milioni, sta deludendo. La Lazio è quasi costretta a farlo giocare, deve inserirlo e concedergli delle possibilità. L’arrivo del kosovaro ha inevitabilmente tolto spazio e occasioni a Caicedo, che invece meriterebbe di giocare e sembra per ora di livello superiore. Serve chiarezza anche in questo caso. Se si partecipa alla Champions e in rosa occorrono quattro attaccanti, è giusto che Inzaghi scelga privilegiando i meriti e le necessità. Il Panterone sta ricevendo offerte. Nonostante Tare smentisca, non è un segreto che si sia lamentato. La Lazio non intende cederlo e fa bene: sarebbe un autogol clamoroso. A gennaio, febbraio e marzo ci sarà bisogno dei suoi gol e del suo contributo.

RINNOVO. Non può esserci futuro senza presente. E il primo segnale la Lazio deve darlo convincendo Simone a prolungare il contratto in scadenza a giugno. Servono un altro sforzo e un rilancio economico, la proposta iniziale non è stata ritenuta soddisfacente dal tecnico, che s’interroga dopo cinque anni ad altissimo livello se è giusto proseguire o meno a Formello. Vorrebbe vedere maggiore convinzione da parte di Lotito. La Lazio, per i risultati raggiunti e per quello che rappresenta Inzaghi, non dovrebbe permettersi di perderlo. Significherebbe tornare indietro, sapendo che diventerebbe complicato sostituirlo portando a Formello un tecnico del livello di Allegri, tanto per citare un allenatore da grandissimo club ancora a spasso: lo stipendio del livornese è fuori portata.

ENTUSIASMO. Oggi la miglior soluzione possibile è ancora legata al nome dell’ex centravanti dello scudetto. E in fondo crediamo che la miglior soluzione possibile per Inzaghi sia ancora la Lazio. La partita di San Siro lo dimostra. Non è concluso il lavoro. Ci sono i contratti lunghi di Immobile, Acerbi, Milinkovic e Luis Alberto a garantire un certo tipo di prospettiva. Si può rinnovare il ciclo, anche rinunciando a un big, sapendo dove intervenire. Meglio di chiunque altro lo può fare Simone, legatissimo alla piazza e ancora giovanissimo. Prima o poi si dovrà misurare in un altro club, ma davanti ci sono almeno dieci o quindici anni di carriera. Può ancora andare avanti con la Lazio, magari progettando l’assalto alla vetta con le mosse giuste. Il calcio del Covid e la crisi della Juve lo dimostrano: c’è un equilibrio di cui fa parte anche la squadra biancoceleste. E poi sarebbe un peccato chiudere e salutare una storia lunga vent’anni in una stagione resa triste dagli stadi a porte chiuse. Augurando un sereno Natale a tutti i tifosi della Lazio, ci piace immaginare a settembre-ottobre del 2021 lo sventolio di bandiere biancocelesti con Inzaghi, Immobile e tutti gli altri dentro l’abbraccio dei sessantamila dell’Olimpico, di nuovo in corsa per la Champions e per i primi posti. L’entusiasmo della gente farebbe sparire di colpo qualsiasi dubbio.

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