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Ventimiglia, il figlio del boss: “Sono io l’assassino”. E a ponente si teme una guerra di ‘ndrangheta

Dic 24, 2020

Per gli inquirenti dell’antimafia di Genova è il triste, seppur prevedibile, rafforzamento di un sospetto: ovvero di una riassegnazione di ruoli all’interno delle famiglie della ‘ndrangheta del ponente sgominate dall’inchiesta “La svolta”.

Ma è anche il timore di essere all’inizio di una nuova faida interna alle ‘ndrine.

Sono gli scenari che emergono dall’arresto per omicidio di Domenico Pellegrino, 23 anni, che ieri si è costituito ai carabinieri di Ventimiglia confessando di essere l’assassino di Joseph Fedele, un pregiudicato per droga residente in Francia freddato con un colpo alla nuca in un bosco della frazione di Calvo a ridosso del confine. Il suo cadavere venne scoperto il 21 ottobre e i carabinieri erano sulle tracce di Pellegrino, soprattutto dopo che avevano individuato la presenza di un’auto in uso al Pellegrino nella zona di Calvi in coincidenza con le ore del delitto.

Con Pellegrino si è costituito anche Girolamo Condoluci, 44 anni, che è accusato di favoreggiamento.

Pellegrino, assistito dal suo avvocato Luca Ritzu, è stato trasferito nel carcere di Marassi e interrogato per diverse ore dal pm Marco Zocco della Direzione distrettuale antimafia.

Chi è Pellegrino

Il giovane Domenico è figlio di Giovanni, condannato con sentenza definitiva per ‘ndrangheta 10 anni e sei mesi assieme a due fratelli. I Pellegrino, dopo alterne sentenze, sono stati riconosciuti come responsabili della locale di Bordighera, ovvero un filiale in terra ligure, assieme a Ventimiglia, della mafia calabrese.

Domenico è al momento incensurato ma pare che l’appartenenza al milieu criminale l’abbia coinvolto. Gli investigatori stanno cercando di capire se il suo ruolo, dopo gli arresti del padre e degli zii fosse in qualche modo stato ufficialmente riconosciuto in seno alle famiglie.

L’accusa

A Domenico Pellegrino al momento viene contestato l’omicidio con l’aggravante del metodo mafioso.

Fedele, 67 anni, era stato fatto inginocchiare e ucciso con almeno un colpo di pistola alla nuca. Decisivo per giungere all’identificazione dei presunti responsabili del delitto è stato il recupero dell’auto della vittima a Mentone, su cui sarebbero stati trovati indizi che hanno permesso ai carabinieri di giungere all’identificazione di chi fosse stato sul veicolo. I successivi accertamenti hanno consentito di acquisire elementi di responsabilita? a carico degli indagati. Il corpo di Fedele venne trovato almeno tre settimane dopo la scomparsa, denunciata a settembre dai suoi famigliari. Sul cadavere vennero trovati mille euro, elemento che fece escludere subito l’ipotesi dell’omicidio a scopo di rapina.

Gli scenari

Pellegrino ai magistrati avrebbe spiegato che il delitto è frutto di un movente personale, uno sgarro, forse per questioni di piccolo spaccio. Gli inquirenti però stanno battendo anche altre piste. Le modalità dell’esecuzione, il fatto che Fedele, cittadino francese, potesse avere un ruolo nei rapporti, fondamentali per la ‘ndrangheta, fra la comunità di Ventimiglia e quella delle famiglie residenti in Costa Azzurra – che ospitano spesso latitanti – lascia intravedere senari molto più complessi.

Le ipotesi sono quelle di un omicidio ordinato dalla Calabria all’interno di un contesto di regolamenti e antiche faide, ma non si tralascia neppure la tesi di uno scontro tra famiglie del ponente ligure e della Costa Azzurra originato da qualche sgarro. In ogni caso gli inquirenti ritengono di primo piano il ruolo di Domenico all’interno delle famiglie e lo dimostrerebbe anche un altro fatto, la costituzione di Condoluci, quasi un gesto di sudditanza, quello di condividere l’arresto, nei confronti del giovane Pellegrino.

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