il processo d’appello
Sabato 19 dicembre è atteso il verdetto per la sindaca della capitale dopo che in primo grado è stato assolta con la formula perché il fatto non costituisce reato

Sabato 19 dicembre è atteso il verdetto per la sindaca della capitale dopo che in primo grado è stato assolta con la formula perché il fatto non costituisce reato
19 dicembre 2020
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«Dieci mesi di reclusione per Virginia Raggi». È questa la richiesta formulata dal procuratore generale di Roma, Emma D’Ortona, nell’ambito del processo di appello alla sindaca accusata di falso per la nomina di Renato Marra, fratello dell’ex capo del personale del Campidoglio Raffaele, a capo del dipartimento turismo del Comune di Roma. La nomina venne poi ritirata. La sentenza è attesa per oggi, sabato 19 dicembre, dopo che, in primo grado Raggi è stata assolta con la formula «perché il fatto non costituisce reato».
La requisitoria del pg
Nella breve requisitoria il procuratore generale ha affermato che la «sindaca conosceva la posizione di Raffaele Marra e ha omesso di garantire l’obbligo che Marra si astenesse nella nomina del fratello Renato». Per il rappresentante dell’accusa “«l’errore del precedente giudice (che ha assolto Raggi ndr) è di avere trasformato una indagine documentale in dichiarativa».
La posizione della sindaca
In queste settimane, la sindaca si è sempre detta serena e ha ribadito in più occasioni la sua intenzione di «andare avanti a testa alta» e di continuare il percorso che la vede decisa a ricandidarsi per un secondo mandato al Campidoglio. Ma dentro il movimento dei Cinquestelle, non tutti sono d’accordo sulla scelta della prima cittadina e anche nel Pd, alla ricerca di una quadra per le Comunali di Roma, non mancano le perplessità rispetto a un secondo mandato dell’attuale sindaca.
La partita per la conquista del Campidoglio
Se la Raggi decidesse di ritirarsi, la strada verso un accordo tra i due alleati della maggioranza di governo, sarebbe sicuramente in discesa anche se a movimentare il quadro politico c’è anche la candidatura dell’ex ministro Carlo Calenda che attende di capire le mosse dei Democratici, finora rimasti defilati, se non addirittura critici, rispetto alla sua decisione di scendere in campo per conquistare lo scranno più alto del Campidoglio.