Milano è in terreno positivo (+0,5%) ai blocchi di partenza, con i comparti tech e farmaceutico in evidenza. Pesante invece Unicredit (segui in diretta), che non fa prezzo per le troppe vendite dopo la notizia che il ceo Jean Pierre Mustier lascerà alla fine del mandato, che scade il prossimo aprile. Umore opposto dalle parti di Monte dei Paschi: l’uscita del banchiere francese è da più parti letta come uno scatto definitivo per il pressing del governo affinché i due istituti convolino a nozze, tanto che Mps scatta al rialzo (segui in diretta). Nel resto d’Europa, Londra sale dello 0,62%, con Parigi che ha aperto in aumento dello 0,43% e Francoforte dello 0,61%.
Lo S&P500 della Borsa di New York è reduce dalla maggior perdita da oltre una settimana (-0,46%), arrivata però alla fine di un mese estremamente positivo (+10,8%). Il Dow Jones (-0,91% ieri e +11,9% nel mese) si è addirittura distinto con la miglior performance dal 1987. Ancor più superlativa la performance del Msci Global, l’indice delle azioni mondiali, salito del 12% come mai aveva fatto. In mattinata, in scia alle notizie sui vaccini, la Borsa di Tokyo ha guadagnato beneficiando anche della debolezza dello yen nei confronti del dollaro statunitense e l’indice Nikkei ha aggiunto l’1,34% ai massimi dal 1991, mentre il Topix ha guadagnato lo 0,77 per cento.Apertura stabile per l’euro sopra quota 1,19 dollari. La moneta unica prosegue il suo trend positivo e si avvicina alla soglia di 1,20 dollari, viaggiando al nuovo record degli ultimi tre mesi. Il biglietto verde continua a perdere terreno sulle altre valute per l’aumento della propensione al rischio, che ha portato gli investitori a prediligere in questo mese di novembre gli asset più rischiosi, a discapito di quelli considerati beni rifugio. La moneta unica passa di mano a 1,1958 dollari e 124,80 yen. Dollaro/yen a 104,36.
Come si accennava, dalla Cina sono arrivate importanti indicazioni dal settore manifatturiero che accelera al ritmo più alto degli ultimi dieci anni a novembre, mentre la seconda economia del pianeta punta a tornare ai livelli pre-pandemia. L’indice Pmi calcolato da Caixin sale a quota 54,9 – in territorio positivo per il settimo mese consecutivo e al punto più alto da novembre 2010 – contro il 53,6 di ottobre scorso e molto al di sopra di un’aspettativa di 53,5. Al di sopra di quota 50 l’indice segnala un’espansione, mentre al di sotto segna una contrazione. La ripresa del manifatturiero è confermata anche dai dati ufficiali: l’indice Pmi diffuso ieri dall’Ufficio Nazionale di Statistica di Pechino, che si concentra maggiormente sui grandi gruppi statali nel sondaggio, segnava un’espansione ai massimi da oltre tre anni a novembre scorso, a quota 52,1. In Giappone, invece, si registra il record da oltre tre anni della disoccupazione con un 3,1% a ottobre, numero in linea con le attese e in rialzo dal 3% precedente.
Gli altri dati attesi in giornata riguardano l’indice Pmi manifatturiero di Spagna, Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna ed Eurozona relativo a novembre. Per l’Italia, in arrivo anche la lettura finale del Pil del terzo trimestre, mentre nel tardo pomeriggio verranno diffuse le immatricolazioni auto. A livello Eurozona è atteso l’aggiornamento sull’inflazione, mentre dagli Stati Uniti giungeranno l’indice Ism manifatturiero e le spese in costruzioni. Occhi puntati poi sul nuovo outlook dell’Ocse.
Tra le materie prime, il petrolio resta in attesa dell’esito del meeting Opec+ che, programmato per oggi, è stato rimandato a giovedì. I Paesi produttori hanno chiesto più tempo per trovare un accordo sull’estensione dei tagli alla produzione. Nella riunione di ieri il cartello ha trovato l’intesa per un’estensione dei tagli anche al primo trimestre del 2021, ma la Russia, leader dei paesi non Opec, è contraria e vorrebbe iniziare ad aumentare l’offerta di greggio già da gennaio. Da qui la decisione di prendere più tempo ed evitare le spaccature di inizio marzo che, insieme alla pandemia, portarono a un crollo dei prezzi. Il Wti perde lo 0,86% a 44,96 dollari al barile, il Brent cede lo 0,23% a 47,48 dollari al barile.