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5 motivi per cui la F1 Esports Series è meglio della F1 reale

Ott 4, 2019
5 motivi per cui la F1 Esports Series è meglio della F1 reale

Quando si parla di competizioni virtuali molti appassionati del motorsport reale storcono il naso affermando che si tratta solo di semplici giochini. La realtà però è ben diversa, soprattutto nell’ambito racing, dove le variabili in gioco sono numerosissime e richiedono allenamento, talento e una bella dose di sangue freddo.

Vero, nessun simracer rischia la sua incolumità e un semplice tasto “esc” può risolvere facilmente anche il più terribile degli incidenti tuttavia, essere veloci, scegliere una strategia pit stop vincente o semplicemente duellare con un avversario è tutt’altro che facile, specialmente se parliamo della F1 Esports Series, il campionato virtuale dedicato proprio alle monoposto di Formula 1.

Simulatori o semplici videogames?

In primis bisogna specificare che al contrario dell’immaginario comune, rimasto probabilmente ai videogiochi anni ’90, alcuni moderni titoli videoludici sono dei veri e propri simulatori commerciali.

Più software che videogiochi, capaci di avvicinarsi davvero tanto alla realtà grazie all’utilizzo di dati telemetrici reali (condivisi dalle Case o dai team) e alle tecnologie, come il laserscan, che permettono di riprodurre al centimetro ogni singola imperfezione e il layout di un circuito; tra questi segnaliamo iRacing, Assetto Corsa Competizione e rFactor 2. Quando ci riferiamo invece a F1 2019 ci troviamo di fronte ad un ibrido tra simulazione pura e videogame, non a caso uno dei titoli più venduti a 4 ruote su tutte le piattaforme: PlayStation 4, Xbox One e PC.

E’ una discriminante? Assolutamente no, in realtà è uno dei suoi punti di forza vista la sua accessibilità e i grandissimi volumi di vendita, di conseguenza si tratta di uno dei candidati più in vista, insieme a Gran Turismo, per promuovere gli Esport.

Inoltre, grazie alla vincente strategia di Liberty Media, gli appuntamenti della F1 Series vengono trasmessi sul canale Youtube ufficiale della Formula 1 che conta quasi 3 milioni di utenti iscritti, offrendo così una visibilità mai vista prima d’ora per le competizioni virtuali racing.

before
after

I 5 motivi

E’ necessario sottolineare che, alla base della nostra tesi, vi è un confronto che non vuole affermare che il virtuale sostituirà in un futuro prossimo il motorsport reale, ma si tratta semplicemente di un parallelismo tra due mondi diversi e, al tempo stesso, molto affini.

Per questo motivo i fatidici 5 punti rappresentano un importante spunto di riflessione per tutti gli appassionati di corse, siano esse su un vero circuito oppure su un tracciato virtuale.

  • Opportunità: il leitmotiv degli Esport, ovvero rendere accessibile il mondo delle corse ad un pubblico vastissimo selezionando i talenti tramite un percorso di prequalificazione e/o di merito già acquisito. Il budget richiesto per accedere alle selezioni di questi eventi risulta davvero ridicolo rispetto alle cifre reali, se poi lo si paragona al prezzo di un sedile in una monoposto di F1 la somma richiesta risulterà grande quanto un granello di sabbia in un deserto. Negli Esports contano le capacità del singolo e i risultati, sicuramente non il portafoglio.
  • Sicurezza: il secondo punto focale dopo le numerosissime polemiche che hanno accompagnato l’introduzione dell’halo, le modifiche dei layout e delle vie di fuga di alcuni circuiti e, infine, le discussioni che hanno infiammato eventi tragici come la recente scomparsa di Anthoine Hubert.

    Una doverosissima evoluzione degli standard di sicurezza è stata applicata negli ultimi 5 anni per salvaguardare il più possibile l’incolumità dei piloti ma, come è accaduto al pilota francese, le vetture più estreme non potranno mai essere al 100% prive di rischi, obbligando gli organizzatori a trovare sempre nuove soluzioni per far viaggiare di pari passo evoluzione tecnologica/prestazionale delle monoposto e sicurezza in pista.

    Le competizioni virtuali bypassano completamente questo aspetto offrendo il massimo della competizione nella sicurezza più totale, anche nel peggiore degli incidenti.

  • Spettacolo: essenzialmente quello che da molti anni gli appassionati sottolineano mancare nelle gare reali e direttamente collegato al punto successivo. Fin dagli albori della F1 vi sono sempre stati pochissimi “top team” sempre in lizza per il titolo e molti team secondari alla ricerca del piazzamento favorevole, delineando uno squilibrio sostanzioso di performance e una competitività per il titolo ridotta a ben pochi; oggi, nel 2019, la situazione non è assolutamente cambiata.

    Nella F1 Series invece tutti i piloti virtuali competono con la medesima monoposto (e assetti personalizzabili), ovviamente con le livree ufficiali del team che i simracers rappresentano. Tutto ciò si traduce in lotte mozzafiato che nella realtà non potrebbero mai esistere, duelli ruota a ruota tra Ferrari e Williams per esempio, oppure strategie pit stop che effettivamente possono fare una grande differenza. Quando si assiste ad una gara della F1 Series la rosa di possibili vincitori si allarga facilmente a più di 3 o 4 piloti.

Nella gara a Silverstone è Marcel Kiefer a bordo della Racing Point ad aggiudircarsi la vittoria grazie anche ad una strategia fenomenale

Nella gara a Silverstone è Marcel Kiefer a bordo della Racing Point ad aggiudircarsi la vittoria grazie anche ad una strategia fenomenale

  • Regolamento: insieme all’evoluzione tecnica che ha contraddistinto gli ultimi decenni della F1 reale sono emerse alcune zone “grigie” nei regolamenti (sempre più complessi) che hanno permesso ai team di trarre vantaggio da soluzioni non proprio cristalline. Casi emblematici furono quelli della mitica Brawn GP con il suo doppio diffusore e, tornando più indietro nel tempo, il fatidico terzo pedale della McLaren del 1998.

    Come abbiamo già sottolineato precedentemente, le monoposto della F1 Series sono tutte uguali e, a fare la differenza sono il pilota, l’assetto scelto e la strategia box, nient’altro.

  • Gossip mediatico e dinamicità: ancora abbastanza lontani dall’essere considerati veri e propri fenomeni di massa, gli Esport non sono stati ancora contagiati da quel gossip spicciolo o sensazionalistico che spesso affligge gli eventi sportivi più importanti, lasciando così spazio alla mera informazione oggettiva e non a futili dibattiti imbastiti per suddividere in fazioni gli appassionati. Le gare virtuali promuovono la mera competizione scindendo dalla vita privata dei simracers e da battibecchi da paddock.

    Infine è proprio la dinamicità di questi appuntamenti a renderli di immediato consumo, senza troppi fronzoli e “riempimenti” di palinsesto. Le dirette streaming infatti, commentate anche dal nostro Davide Valsecchi (in inglese), dedicano le giuste tempistiche a gare ed interviste, ovviamente senza noiosi stacchi pubblicitari.

L’opinione di Juan Pablo Montoya

Anche Juan Pablo Montoya, ex pilota F1 e due volte vincitore della Indy 500, ha voluto dire la sua in un’intervista pubblicata sul sito World’s Fastest Gamer.

Il colombiano ha dichiarato:

«I simulatori sono stati una parte importante delle corse in F1 infatti, quando entrai in Williams, partecipai direttamente allo sviluppo di uno dei primi sim realizzati dal team. Quando approdai in McLaren invece ne avevano già uno pronto e gran parte della preparazione per il weekend di gara avveniva proprio lì. Oggi praticamente ogni team ha un proprio simulatore. Mio figlio Sebastien ha solo 14 anni e l’anno prossimo gareggerà in Europa, per questo motivo trascorre molto tempo sui simulatori per allenarsi e prendere un po’ di confidenza con l’auto che dovrà guidare nella realtà».

«Sebbene non tutti i giovani piloti sono così fortunati da avere un papà che correva in F1, quasi tutti i giovani piloti hanno accesso ai simulatori ad un prezzo relativamente basso, sicuramente inferiore ad un semplice track day in pista. Nelle corse è la tua velocità contro quella di tutti gli altri e la cosa bella è che, se hai bisogno di più esperienza, puoi dedicare più tempo a farlo con i simulatori ed il costo è minimo».

E ha concluso affermando:

«Il potenziale dei simulatori è davvero fantastico, specialmente quando inizieremo a vedere talenti provenienti dagli Esports misurarsi anche nella realtà».

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