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Marchese, soldato, americano a Roma: il ricordo di Alberto Sordi

Feb 24, 2018

sabato 24 febbraio 2018 08:15

ROMA – Sono passati 15 anni dall’addio ad Alberto Sordi. Il 24 febbraio del 2003 moriva a Roma all’età di 83 anni uno dei più grandi artisti italiani. Per giorni, centinaia di migliaia di persone hanno reso omaggio all'”Albertone nazionale” che nella sua lunga e ricca carriera ha saputo raccontare pregi e difetti dell’italiano medio. Ha lavorato con i più grandi del cinema italiano, ricevendo onori in tutto il mondo: è stato governatore di Kansas City e sindaco di Roma, anche se solo per un giorno. Più di 150 film (19 diretti da lui) in mezzo secolo di attività, tra cui molti capolavori come IlMarchese del Grillo (1981), o Un americano a Roma (1954), solo per citarne qualcuno. Un patrimonio culturale immenso. È stato seduttore e vedovo, marchese e sceicco, cialtrone e commissario, soprattutto Alberto Sordi è stato un italiano.

GLI INIZI – Già prima della guerra la voce da basso di Sordi risuonava nelle orecchie degli italiani che andavano a vedere i film con Oliver Hardy doppiati da lui (Stanlio e Ollio). Il suo talento comico cominciò a farsi strada prima con la rivista poi via radio con la trasmissione ‘Vi parla Alberto Sordi’, in cui nacquero personaggio come Mario Pio. In decine di gag, ripetute da lui stesso in diverse occasioni ma anche imitate da tutti, dai colleghi alla gente comune, nelle quali si era come cristallizzata quella maschera del romano e dell’italiano medio che è stata la caratteristica più tipica di Alberto Sordi.

L’AMICIZIA CON VERDONE – Alberto Sordi ha avuto un legame speciale con Carlo Verdone, da molti designato come suo erede. I due attori hanno recitato insieme in alcuni film, come “In viaggio con papà” e “Troppo forte”. A Verdone però non piace l’etichetta di erede, per lui Alberto Sordi è semplicemente un maestro unico, inimitabile e irragiungibile.

I PREMI – Sordi nella sua lunga carriera è stato premiato per sette volte ai David di Donatello (più quattro riconoscimenti speciali), ha vinto quattro Nastri d’Argento, un Leone d’oro alla Carriera, infiniti trofei e il titolo di Cavaliere di Gran Croce, oltre alla cittadinanza italiana di Kansas City. La sua città, Roma, lo ha eletto sindaco per un giorno solo in occasione del suo ottantesimo compleanno, poi gli ha dedicato una via e una galleria in centro.

LA FEDE GIALLOROSSA – Alberto Sordi non ha mai nascosto il suo tifo per la Roma, anzi lo ha rappresentato con ironia anche in alcune gag dei suoi film. Come quando ne Il marito tira l’acqua dal balcone con una pompa ai tifosi della Lazio e fa le pernacchie al telefono a Peppino nel giorno di un derby. «Appena nato il mio primo vagito fu Forza Roma», dice alla moglie nel film per spiegarle che deve correre a vedere la partita allo stadio. I tifosi giallorossi all’Olimpico hanno reso spesso omaggio ad Alberto Sordi: tantissimi gli striscioni che sono apparsi in suo onore. In occasione di Roma-Empoli del 2 marzo 2003, ad una settimana circa dalla scomparsa dell’attore fu intonata la canzone “Ma ‘ndo vai…” ed esposto un grande striscione con su scritto: «Silenzio, il marchese s’è addormito».

SCENE CELEBRI – Tantissime le scene che sono rimaste nella storia del cinema: quella in cui Nando Moriconi, filo-americano ma romanissimo, in Un americano a Roma prova a mangiare cibo americano o presunto tale (mostarda, yogurt, marmellata), e poi si getta famelico sui maccheroni, è forse la più celebre di tutte. «Maccherone, m’hai provocato e io te distruggo, io me te magno…». Ma tutto il film è una collezione di gag citatissime: dalla frase «America’, facce Tarzan!», al celebre idioma anglo-maccheronico coniato da Sordi e dagli sceneggiatori (di cui si ricorda soprattutto l’espressione ‘santibailor’) fino all’ epiteto riservato a Carlo Delle Piane, ‘cicalò’ (‘e statte zitto, statte zitto a’ cicalò’).

LAVORATORI… – Nei Vitelloni di Federico Fellini (1953), sceneggiato dal regista con Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, Sordi, al termine di una notte brava, si prende gioco con irriverente cinismo di un gruppo di operai mattinieri passando in macchina e urlando: ”Lavoratori…” seguito dal gesto dell’ombrello e da una pernacchia. Celebri sono rimaste anche alcune frasi del Marchese del Grillo, come quella che il marchese rivolge ad un gruppo di popolani «Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un c…!».

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