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Formula 1: Vettel può finire davvero alla Mercedes?

Giu 4, 2020
Formula 1: Vettel può finire davvero alla Mercedes?

Le diverse scosse di assestamento dovute al divorzio tra Sebastian Vettel e la Ferrari – facendo un rapido riassunto delle puntate precedenti, Carlos Sainz finirà in Ferrari al suo posto nel 2021, mentre il sedile lasciato vacante dallo spagnolo in McLaren andrà a Daniel Ricciardo – sembrano essersi placate, ma in pentola bolle ancora qualcosa di grosso. Dopotutto, c’è ancora un sedile in Renault da assegnare, e, stando ad ascoltare le voci degli ultimi tempi, il gioco delle sedie potrebbe portare ad altri scossoni notevoli, forse anche prima dell’inizio della stagione. A mettere pepe in questo periodo di stasi ha pensato quel volpone di Toto Wolff, che, in un’intervista a Sky Sports F1, lascia aperta la porta proprio a Vettel.

«Non si può dire di no a priori ad un quattro volte campione del mondo, bisogna necessariamente pensarci», dice sornione il team principal della Mercedes. Certo, concede Wolff, la priorità sono i piloti attualmente in orbita Mercedes – leggi: Lewis Hamilton, Valtteri Bottas e la promessa della cantera della Stella a Tre Punte, George Russell – ma, memori di quanto successo con Nico Rosberg a fine 2016, a Brackley non vorrebbero ritrovarsi con un posto libero da occupare all’ultimo secondo. «Per questo – conclude Wolff – non sono nella posizione per dire con certezza che Sebastian non correrà per noi». La domanda a questo punto sorge spontanea: Toto trolla o no?

Per rispondere a questa domanda bisogna fare uno sforzo con l’immaginazione, e configurarsi, sei anni dopo quella magica giornata a Fiorano, con tanto di casco celebrativo, il primo giorno di Sebastian Vettel alla Mercedes. Al suo fianco, il – lecito configurarselo, senza voler gufare in alcun modo – neo sette volte campione del mondo, Lewis Hamilton, per un totale di undici titoli in due. Coppia blasonatissima, con l’inglese forte della fame di vittorie che non sembra mai sopire e pronto a superare, dopo averlo eguagliato, il record di quel Kaiser che fu l’idolo d’infanzia del nuovo compagno di squadra, in cerca di rivalsa dopo il profondo Rosso degli ultimi anni.

Coppia blasonatissima, si diceva, ma anche potenzialmente ingestibile. Il perché è semplice dedurlo: basta guardare ai precedenti di Hamilton. Correva il 2007, e l’allora rookie della McLaren fece vedere i sorci verdi al due volte campione del mondo Fernando Alonso, con cui si scatenò una rivalità bruciante che consentì al team di Woking, complice anche la terrificante Spy Story, di vincere esclusivamente il titolo di ciapa no, come direbbero i milanesi. Lasciamo scorrere qualche stagione, ed eccoci al triennio tra il 2014 e 2016, con le botte da orbi di Hamilton con l’amico di vecchia data, Nico Rosberg. Un rapporto, quello con Rosberg, disintegratosi in modo spettacolare davanti agli occhi del mondo. Bahrain 2014, Belgio 2014, ma soprattutto Barcellona 2016: dobbiamo andare avanti?

Alla fine del 2016, Rosberg riuscì a vincere il mondiale, ma ne uscì provato psicologicamente: Hamilton era stato capace di corrodere la sua mente piano piano, con una serie di tattiche sapienti per minare la tenuta mentale del rivale. Vettel negli ultimi anni si è dimostrato umano, forse troppo umano per un ambiente spietato come quello della Formula 1. Forse troppo fragile per poter essere ancora un campione, un tritacarne come Hamilton. Supponendo anche che l’inglese accetti di buon grado il tedesco in squadra, Vettel non sarebbe preda facile per un rapace come Hamilton? Una volta minata la convinzione nelle sue capacità negli anni difficili in Ferrari, Vettel sarebbe capace di rinascere dalle proprie ceneri accanto a chi non mostra nemmeno un momento di debolezza alla guida?

Facendo un ultimo sforzo di astrazione, si potrebbe anche ipotizzare un altro scenario, pur se francamente improbabile: Hamilton decide di ritirarsi, o di andare altrove. Vettel diventa prima guida della Mercedes, accanto allo scudiero Bottas e forte del suo essere tedesco in una scuderia altrettanto teutonica. Cosa guadagnerebbe la Stella a Tre Punte in termini di immagine? Forse non moltissimo, tenendo in considerazione un dato non da poco: Vettel, nonostante gli sfavillanti successi con la Red Bull all’inizio del decennio scorso, non è mai entrato nei cuori dei tifosi tedeschi come aveva fatto Michael Schumacher una decina di anni prima.

Forse ad influire su questa mancanza di presa sul pubblico tedesco da parte di Vettel c’è il suo temperamento decisamente più latino che teutonico, espresso nei primi anni della sua carriera con la simpatia e l’esuberanza, e poi, con i successi del passato alle spalle, con la fragilità, la delicatezza. Niente a che vedere con Schumacher, che all’epoca d’oro della Ferrari difficilmente lasciava trasparire il suo lato umano. Con eccezioni notevoli, certo, come la commozione in conferenza stampa a Monza nel 2000, quando raggiunse Ayrton Senna a quota 41 vittorie in carriera. Che Vettel sia meno amato dal pubblico tedesco per questo è solo una supposizione; fatto sta che la Mercedes non ripeterebbe l’operazione Schumacher del 2010.

E allora cosa resta? Un pilota dal blasone grandissimo, questo è indubbio, ma forse senza la speranza di riaccendere l’interruttore della furia agonistica, che sembra solo manifestarsi sotto forma di una frustrazione indicibile, di errori privi di attenuanti. Un campione – perché Vettel lo rimane per quanto fatto in passato, le vittorie non si cancellano – che merita comunque rispetto, il rispetto che Wolff gli dà con le sue parole. Wolff, da vero volpone, sa anche che parlare di Vettel è un modo per attirare l’attenzione, non solo di chi scrive e legge, ma anche dei propri piloti, che devono ricordarsi di essere rimpiazzabili. Questo in attesa di una nuova ondata di scossoni di mercato, che, a sentire i ben informati, potrebbe essere devastante quanto la precedente.

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