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Draghi: «Coronavirus, siamo in guerra. Non possiamo esitare, il costo potrebbe essere irreversibile» – Corriere della Sera

Mar 26, 2020

BRUXELLES — L’ex presidente della Bce Mario Draghi in un articolo sul Financial Times, titolato Stiamo affrontando una guerra contro il coronavirus e dobbiamo mobilitarci di conseguenza, ha appoggiato la necessit di una linea finanziaria espansiva per affrontare i gravi contraccolpi economici provocati dall’emergenza Covid-19. Draghi, tradizionale sostenitore della stabilit dei conti pubblici nazionali, stavolta condivide che questa catastrofe eccezionale impone la necessit di spesa degli Stati perch le guerre – il precedente pi rilevante – erano finanziate aumentando il debito pubblico. Di fronte a una inevitabile recessione profonda, l’ex presidente della Bce afferma che bisogna proteggere la popolazione dalla perdita dei posti di lavoro, e difendere la capacit produttiva con immediati sostegni di liquidit. Di fronte a circostanze non previste un cambio di mentalit necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shock che ci troviamo ad affrontare non ciclico. La perdita di reddito non colpa di chi la soffre. Il costo dell’esitazione potrebbe essere irreversibile. La memoria delle sofferenze degli europei negli anni 1920 sono un ammonimento. Per questo occorre che i Paesi mobilitino il loro intero sistema finanziario senza rinvii.

Proprio gioved il summit dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea, in teleconferenza, deve superare le divisioni su come affrontare le conseguenze economiche del coronavirus. Il presidente belga del Consiglio europeo, Charles Michel, ha anticipato che i 27 leader stanno preparando una strategia di stimolo simile al piano Marshall, orientata a mobilitare i fondi dell’Ue nel quadro del bilancio europeo.

Ma Italia, Francia e altri Paesi del Sud premono per importi ingenti finanziati anche con emissioni di debito comune come i Coronabond. Mentre Germania, Olanda e altri Stati del Nord, che si definiscono frugali negli investimenti comunitari, frenano.

Una lettera inviata a Michel da nove leader, Giuseppe Conte, il francese Emmanuel Macron, lo spagnolo Pedro Sanchez, il portoghese Antonio Costa, il greco Kyriakos Mitsotakis, l’irlandese Leo Varadkar, la belga Sophie Wilmes, lo sloveno Janez Jansa, il lussemburghese Xavier Bettel, chiede — in aggiunta alle misure di Bce, Commissione europea e Bei — risorse senza precedenti e decisioni di politica fiscale di analoga audacia, tra le quali uno strumento di debito comune emesso da una Istituzione dell’Ue.

Ma la cancelliera tedesca Angela Merkel, pur dopo aver varato un piano nazionale da ben 1.100 miliardi, ha fatto sapere che il no di Berlino a strumenti di debito comune non cambiato. Il ruolo di mediatore di Michel con i 27 leader non si annuncia facile nel trasformare oggi in un compromesso concreto l’annuncio, nel precedente summit Ue sempre in teleconferenza, di voler affrontare la pandemia del Covid-19 con la linea della solidariet e del Whatever it takes (tutto quello che serve), lanciata proprio dalla Bce di Draghi durante la grande crisi finanziaria. Il presidente del Consiglio europeo, alla vigilia del summit, ha mediato al telefono con Conte, Sanchez e il premier olandese Mark Rutte, dopo essersi consultato precedentemente con Merkel e Macron.

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