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Viaggi e casa per il figlio, ambasciatore indagato per corruzione

Nov 8, 2019

ROMA — Si faceva pagare decine di migliaia di euro in cambio di notizie su aziende italiane in vendita o in difficoltà alle quali servivano finanziamenti dall’estero. In alcune occasioni i soldi gli venivano versati direttamente sul conto, in altre trasferiti su schede ricaricabili. Qualcuno ha persino pagato alcuni dei suoi viaggi o l’affitto dell’appartamento del figlio in Inghilterra. Antonio Morabito, già ambasciatore di Italia presso il Principato di Monaco e dall’aprile 2015 in servizio alla direzione generale per la Promozione del Sistema Paese del ministero degli Esteri, è indagato per corruzione dalla procura di Roma che nei giorni scorsi gli ha notificato l’avviso di conclusione indagini. Insieme a lui sono finiti nei guai cinque procacciatori di affari, quattro italiani e uno cinese, che lo hanno profumatamente pagato sotto banco.

La lista dei “benefits” che gli vengono contestati è lunghissima. Il diplomatico era riuscito ad entrare in un giro di investitori cinesi che volevano fare affari in Italia. Un business miliardario: uno degli indagati e suo interlocutore di fiducia, Angelo Di Corrado, dice che per lo “shopping aziendale cinese” sono stati stanziati 6 miliardi di euro. E lui metteva in contatto gli intermediari degli asiatici con gli imprenditori, favoriva rapporti, chiamava i suoi colleghi italiani in giro per il mondo o gli omologhi stranieri per creare contatti. Tra le aziende citate nel provvedimento del pubblico ministero Giuseppe Deodato e della Guardia di finanza che ha fatto le indagini, ci sono anche Versace e Huawei. L’ambasciatore è stato pagato da alcuni imprenditori italiani interessati a vendere una tecnologia al colosso cinese delle telecomunicazioni. In cambio, il commercialista italiano al quale aveva fornito il contatto, oltre a una serie di bonifici e ad alcuni viaggi, ha pagato per diversi mesi il canone di affitto del figlio di Morabito, studente universitario a Manchester. «Queste cose te le restituirò», dice il diplomatico, intercettato dalle Fiamme Gialle. Ma il professionista risponde: «Ma figurati, non è un problema Antonio».

Spesso l’ex rappresentante dell’Italia a Montecarlo pattuiva una cifra fissa per le sue prestazioni. L’avviso di conclusioni indagini è un lungo elenco di bonifici mensili da 5 mila a 7 mila euro. Il tutto ovviamente, stigmatizza il pm nel provvedimento, sfruttando il suo ruolo al ministero, asservendo la sua funzione e commettendo atti contrari ai suoi doveri. E così agli atti ci sono le telefonate di chi gli chiede un referente in Ferrari e i suoi tentativi per far riaccreditare Di Corrado presso Fincantieri dopo che l’azienda l’aveva inserito nella lista degli indesiderati. E quando l’intermediario effettivamente rientra nelle grazie del colosso delle costruzioni navali promette all’amico diplomatico un premio da «circa 1 milioni di euro l’anno per noi».

Quei guadagni extra erano diventati un’abitudine, tanto che spesso era lo stesso Morabito, già sfiorato dall’inchiesta che portò in carcere l’ex ministro Claudio Scajola con l’accusa di avere favorito la latitanza dell’ex deputato Amedeo Matacena, a proporre affari («Dismissioni Enel!!!!», scrive in un sms a un altro indagato).

Non solo la Cina. Morabito si dà da fare anche su Senegal, Gambia, Costa d’Avorio e Mali. Lo fa per aiutare un azienda che commercia rottami, mettendo i suoi vertici in contatto con gli ambasciatori in Italia della Costa d’Avorio, del Marocco, della Spagna e del Senegal. Ad alcuni incontri e viaggi l’ambasciatore partecipa anche personalmente. Il suo tornaconto? Oltre a una serie di bonifici, l’imprenditore Nicolò Corso compra 200 copie del suo libro “Valigia diplomatica” per 637,50 centesimi. Promette di acquistarne altri e di coinvolgere tutti i suoi amici per fargli ottenere un “record di vendite”.

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