Subito dopo Alessandra scopre da un post di Facebook che il signore ha truffato altre persone. A quel punto l’ha richiamato per delle spiegazioni e “Gaetano” l’ha minacciata di denunciarla per falso e calunnia. «Sono dispiaciuta non tanto per la perdita dei soldi ma per il fatto che cercavamo una cucciola da mesi».
Vendere un cane senza pedigree spacciandolo per cane di razza è reato. «Lo stabilisce un decreto del 92 per contrastare l’introduzione illecita di animali in Italia», dice la penalista Isabella Nuzzolese. In tal caso il venditore rischia reclusione fino a un anno e multa fino a 15 mila euro mentre chi compra passibile di una contravvenzione di poche decine di euro». Nonostante questo sono ormai centinaia le persone che si affidano a vendite online cascando nel tranello. Grazie ai social si sono riconosciuti e persino costituiti in un gruppo Facebook – denunce truffe barboncini e amici a quattro zampe che conta 150 iscritti – per scambiarsi informazioni sui truffatori. Per loro al momento non si sa se ci sia una rete estesa su tutto il territorio o se agiscano ognuno per conto proprio. Il modus operandi però è sempre lo stesso: un annuncio su Subito, animaleamico.com o kijiji con foto di barboncini nani o toy (o ancora più piccoli) con o senza pedigree a un prezzo insolitamente basso, tenuto conto che oggi è improvvisamente diventato un cane molto di moda e che negli allevamenti si parte dai 3000 euro. La foto è normalmente rubata da siti di allevamenti italiani e stranieri. A chi risponde viene inviato un numero di cellulare. Questo è cruciale perché entrando su una conversazione whatsapp non rimangono tracce sospette sui siti e i truffatori possono cancellare i messaggi e i video che potrebbero incastrarli a loro piacimento. Spesso – ma non sempre – i numeri iniziano con 350 o 351, indicano attività commerciali e sono difficilmente rintracciabili. Il venditore mette una fretta indiavolata. C’è sempre qualcun altro che vuole lo stesso cane. E l’acquirente per inesperienza paga un anticipo o anche tutta la somma richiesta. A questo punto il venditore si volatilizza.
Attenzione perché il truffatore spesso esibisce un documento di identità che appartiene a una persona truffata in precedenza in una catena infinita di equivoci. Che fare? «L’unica soluzione è denunciare alla polizia postale portando tutta la documentazione possibile: dallo screenshot del primo annuncio alle conversazioni, alle foto e i video e la tracciabilità del pagamento, avendo cura di salvare sempre tutto», dice Nuzzolese. Diffidare da chi chiede ricariche Postepay che a differenza di piattaforme come PayPal non garantisce che la transazione vada a buon fine. Altra cosa importante non far passare troppo tempo. «È meglio rimanere nel termine dei tre mesi dal fatto per non far scadere i termini della denuncia». Il furto di identità si somma alla truffa ma è un reato autonomo che renderebbe la denuncia procedibile d’ufficio.