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Salario minimo da meno di 300 a più di 2mila euro: ecco il quadro in Europa

Mar 20, 2019

MILANO – Presenti in 22 Stati europei su 28 – assenti in Danimarca, Italia, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia – le retribuzioni minime nazionali sono una rappresentazione plastica di quanto siano distanti i Paesi del Vecchio continente: secondo l’ultima ricognizione che l’Istat ha portato in Senato, a sua volta basata sui dati Eurofound/Eurostat, gli importi mensili (lordi) al primo gennaio 2019 variano dai 286 euro della Bulgaria (ovvero 1,62 euro all’ora) ai poco più di duemila del Lussemburgo (2.071, ovvero 11,97 orari).

In Italia l’istituto non è presente, ma – ricordano altri dati di Istat, che fotografano il quadro dei contratti collettivi nazionali alla fine del 2018 – i contratti in vigore per la parte economica risultano 53, riguardano 9,8 milioni di dipendenti e coprono il 75,8% del totale. L’Ocse ha spiegato in audizione sul tema a Palazzo Madama che, ad oggi, “quasi 900 accordi collettivi settoriali (2/3 scaduti) firmati a livello nazionale coprono praticamente tutti i dipendenti del settore privato in Italia con minimi dettagliati“.

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Il vicepremier Luigi Di Maio, introducendo la proposta M5S sul salario minimo, ha richiamato il primo dato: “In Italia circa l’80% dei posti di lavoro è coperto dai contratti collettivi nazionali, quindi con tutele minime, salario e diritti fondamentali. Parlo dell’altro 20%, giovani e meno giovani, che vengono pagati due euro l’ora e senza alcuna tutela: quelli non sono lavoratori, sono sfruttati”, ha detto a Radio anch’io. “Tutti i comparti dove ci sono i contratti collettivi nazionali restano intatti, ci sono i loro minimi salariali. Tutti quei mondi, invece, in cui imprese fanno concorrenza sleale agli imprenditori onesti”, pagando appunto due euro l’ora i giovani, “dovranno pagare di più”, ha dettagliato circa l’impianto pensato dai 5 stelle per il salario minimo.

Tornando alle diverse situazioni europee, tra i paesi maggiori si può scorgere il livello simile in Francia e Germania, poco sopra i 1.500 euro al mese (in termini orari rispettivamente 10,03 e 9,19 euro), mentre in Spagna scende di circa un terzo a poco più di mille euro.

Berlino ha introdotto la misura nel 2015, ma – come ricorda Repubblica in edicola – il governo tedesco ha risposto ‘picche’ alla proposta di Macron di una regola comune per tutti i Paesi del Vecchio contintente. Positivo invece il riferimento alla proposta francese da parte del premier Giuseppe Conte, che proprio a questo giornale – mentre il tema è oggetto di discussione al Senato, dove giacciono le proposte di M5S e Pd, mentre alla Camera ce ne sono di altre forze politiche – ha scritto chiedendo l’introduzione di un salario minimo a livello europeo. Negli Stati Uniti il salario minimo mensile è pari a circa 1.100 euro.

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Ovviamente il costo della vita è diverso da una giurisdizione all’altra e per cercare di rendere i dati più omogenei Eurostat li rivisita tramite il concetto della “parità di potere d’acquisto”, esprimendo il valore dei salari minimi in “standard di potere d’acquisto” (Spa) per tenere conto del differente livello dei prezzi nei vari Paesi. Un esercizio che lima le distanze tra gli estremi, che comunque permangono: al 1° gennaio 2018, si passa dai 546 Spa della Bulgaria ai 1.597 del Lussemburgo.

Come notava lavoce.info in una ricognizione sul tema, a livello Ocse i salari minimi nei paesi Ocse variano tra il 40 e il 60 per cento del salario mediano. “In Italia, vorrebbe dire tra i 5 e i 7 euro all’ora. Invece, 9-10 euro all’ora significherebbero un salario minimo al 75-80 per cento del mediano, ben al di sopra degli altri paesi”. Con 9 euro lordi l’ora, proposta sul tavolo tra le molte avanzate da tutto l’arco parlamentare, il salario minimo orario italiano sarebbe al top al livello Ocse. Anche rispetto ai minimi tabellari in vigore, un simile salario minimo balzerebbe tra i top, superato solo dai macrosettori della Pa, dell’istruzione e di Banche-assicurazioni.

Da verificare, infine, anche il metodo per aggiornare il valore del salario minimo. Anche in questo caso le proposte sul tavolo sono diverse, così come è variegato il quadro negli altri Paesi: si va dall’indicizzazione all’inflazione del Lussemburgo, a un sistema misto che tiene conto anche dei salari medi (in Francia) o ancora al delegare a una commissione indipendente la decisione (sempre in Francia, oltre alla formula fissa esiste un organismo di 5 componenti che valuta eventuali “extra”).

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