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Riciclaggio, vice procuratore onorario indagato. “E’ un prestanome dei boss di Brancaccio”

Nov 9, 2018

I mafiosi del clan di Brancaccio avevano trovato un prestanome davvero insospettabile, un avvocato palermitano che indossava la toga di vice procuratore onorario. Nelle aule di giustizia, appariva un uomo integerrimo; quando usciva dal tribunale, si trasformava nel referente economico di un pezzo importante di Cosa nostra palermitana che voleva investire nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Ora, è indagato a piede libero per riciclaggio e intestazione fittizia di beni, per aver investito i soldi dei mafiosi in due cooperative.

Sono invece scattate tre ordinanze di custodia cautelare in carcere per due boss di Brancaccio già detenuti, Cesare e Antonino Lupo, e per un boss del Borgo Vecchio che si trovava ai domiciliari, Salvatore Gambino. L’indagine dei finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria di Palermo è stata coordinata dalla procura di Caltanissetta diretta da Amedeo Bertone, proprio per la presenza del magistrato onorario. Ad occuparsi del caso, il sostituto procuratore Claudia Pasciuti e l’aggiunto Gabriele Paci.

E’ stato un integerrimo direttore di banca a mettere in moto la macchina delle indagini, con una segnalazione di operazione sospetta, il vice procuratore onorario stava già organizzando la sua rete di affari. La procura di Palermo ha subito trasmesso il fascicolo a Caltanissetta, mentre la polizia valutaria – oggi diretta dal tenente colonnello Saverio Angiulli – ha avviato le intercettazioni. E sono emersi i contatti del legale-vice procuratore con i mafiosi. Un primo investimento, fatto attraverso una cooperativa, non aveva però portato ai risultati sperati, i boss si erano parecchio lamentati e il professionista aveva deciso di trasferirsi lontano da Palermo. Poi, il ritorno in Sicilia, con un’altra cooperativa. L’obiettivo era quello di partecipare ad appalti pubblici, ma i boss non ci sono riusciti. Resta comunque la gravità della condotta dell’ormai ex vice procuratore onorario a cui i mafiosi avrebbero affidato i provenienti da affari sporchi.

Le indagini della procura distrettuale antimafia di Palermo proseguono per individuare il tesoro del clan di Brancaccio, un pezzo importante di Cosa nostra ancora fedele ai capi storici rinchiusi al 41 bis da 24 anni, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, i mafiosi che hanno organizzato le stragi del 1992-1993 e hanno poi ordinato l’assassinio di don Pino Puglisi. Antonino Lupo era stato arrestato qualche mese fa nell’ambito di una grossa indagine antidroga che aveva intercettato un carico di droga inviato dai narcos colombiani in Italia. Antonino Lupo parlava di un misterioso finanziatore dell’affare, un palermitano che chiamava il “piccoletto”, mai individuato. E, intanto, preparava altri traffici di droga con gli ambasciatori dei colombiani giunti a Palermo. Il più autorevole del gruppo si lamentò per non essere stato ricevuto con tutti gli onori all’aeroporto Falcone Borsellino, pretendeva l’auto blu con autista. Il braccio destro di Lupo spiegò che qui a Palermo si preferiscono fare le cose in “maniera più discreta”.

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