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Reddito di cittadinanza: arriva l’emendamento contro i finti divorziati

Feb 13, 2019

Il governo prova a mettere una pezza al rischio che scatti la corsa ai finti divorzi per beneficiare del Reddito di Cittadinanza. Una proposta di modifica che rientra nei quasi 1.600 emendamenti piovuti sul decretone, giunto al suo passaggio parlamentare con l’aspra critica da parte delle Regioni, a firma della Lega.

L’art. 1, comma 6 del decreto legge sul Reddito di cittadinanza esclude dall’accesso al reddito i coniugi separati e divorziati “qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione”. Come già segnalato ai tempi delle bozze del decretone, la previsione normativa si prestava a facili strumentalizzazioni: per ottenere il beneficio statale, due coniugi potrebbero, in mancanza di correzioni, far finta di separarsi, cambiare solo nominalmente la residenza di uno dei due in Comune e fare domanda per ottenere l’accesso al Rdc.

Ed è così partita la gara dei furbetti: in alcune zone d’Italia si sono verificate lunghe code all’ufficio dell’Anagrafe proprio in concomitanza con l’approvazione del decreto legge. Un afflusso di richieste di cambio di residenza che ha fatto ben comprendere al nostro legislatore che il rischio paventato rischiava di diventare reale e che il sistema rischiava di implodere, anche in considerazione delle risorse (6 miliardi) messe a disposizione per la lotta alla poverà; risorse che rischiavano di essere prosciugate dai furbetti dell’assegnino.

Rep

La Lega ha dunque presentato in Parlamento – dove il decreto sarà convertito in legge – un emendamento che, se approvato, imporrà a tutti coloro che faranno domanda per il reddito di cittadinanza e che si siano separati o divorziati dopo il 1 settembre 2018, di certificare con “apposito verbale della Polizia Municipale” di non risiedere effettivamente più insieme.

Un tentativo di porre rimedio a una situazione potenzialmente esplosiva che però potrebbe portare alla paralisi del sistema: i controlli della Polizia Municipale potrebbero essere migliaia e migliaia e non tutti i Comuni hanno il personale necessario per assolvere diligentemente il nuovo compito loro assegnato.Forse sarebbe stato preferibile imporre ai separati/divorziati di dimostrare documentalmente di aver cessato la convivenza; ad esempio imponendo la produzione di copia del contratto di locazione o del contratto di proprietà dell’abitazione in cui uno dei due si è trasferito.

La soluzione non riguarda, per il momento, i componenti delle coppie di fatto che potranno ancora utilizzare il trucco della doppia residenza, continuare a vivere insieme (magari con un figlio) e accedere al sussidio. Il che appare paradossale, considerata la preferenza da sempre mostrata da una parte del Governo giallo-verde per le famiglie fondate sul matrimonio, che con la legge sul reddito di cittadinanza saranno “discriminate” rispetto alle coppie di fatto.

* Avvocato del Comitato Scientifico de Il Familiarista, portale interdisciplinare in materia di diritto di famiglia di Giuffrè Francis Lefebvre

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