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Recensione Runner3, quando il troppo storpia

Mag 20, 2018

Runner3

Come rinnovare e al tempo stesso affondare una formula di gioco in cui non si è padroni dei propri movimenti? Ce lo insegna Runner3 di Choice Provisions. Buona base di partenza, tanta sperimentazione, poca grazia nell’inscenare il tutto.

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La saga di Bit.Trip Runner compie 8 anni e sforna il suo terzo capitolo. Dopo un fantastico Runner2, che ripercorreva i binari tracciati dal suo progenitore, raffinandoli nel processo, Runner3 rimescola le carte in tavola, introducendo CommanderVideo e la sua bizzarra cricca ai benefici della terza dimensione… e ai suoi potenziali rischi.

L’innovazione è un tappa obbligatoria nella crescita di un brand, specie se parliamo di una terza installazione, per di più di un runner (genere per definizione estremamente limitato), tuttavia non siamo sicuri che la strada imboccata dal platform-rhythm game di Choice Provisions (ex-Gaijin Games, storici autori della serie) sia quella giusta. O almeno non del tutto.

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Pur avendo abbandonato la dicitura Bit.Trip (per ovvie ragioni, di pixel ormai non c’è più traccia), sulla carta Runner3 non si discosta poi molto dal suo precedecessore. Lo scopo del giocatore resta infatti uno soltanto: guidare CommanderVideo nella sua instancabile corsa attraverso una serie di intricati percorsi a ostacoli, saltando, scivolando e sferrando calci per non sbattere il muso contro muri, spuntoni, robot e altre stravaganti minacce, mentre una forza misteriosa sembra sospingere il protagonista verso la meta.

Una sola vita, da proteggere a tutti i costi, dozzine di collezionabili, un punteggio da gonfiare raccogliendo lingotti d’oro, gemme e ballando nei fugaci momenti di pausa, e la voce di Charles Martinet (tra le cui interpretazioni ricordiamo un certo idraulico in rosso) in vece di narratore. Squadra che vince non si cambia, ma non è tutto quel che Runner3 ha da offrire. L’introduzione dell’asse Z ha arricchito i livelli con una rinnovata tridimensionalità (non solo estetica), accentuata dalle nuove doti ginniche di CommanderVideo, in grado ora anche di compiere doppi salti e buttarsi in picchiata per tornare rapidamente a terra.

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Il level design può quindi svilupparsi in più direzioni, proponendo bivi, pareti da scalare, cambi prospettici e piccole varianti sul tema altrimenti impossibili con una tradizionale visuale 2D. I livelli sono più lunghi, dai ritmi più distesi e incorporano diverse soluzioni di gameplay, pur mantenendo la solita filosofia “trial and error” ed una progressione vagamente cadenzale, che va a braccetto con la colonna sonora cangiante di Matthew Harwood e Stemage.

Croce e delizia di Runner3, le novità stridono con una direzione a tratti irritante, studiata per incrementare artificialmente un livello di difficoltà già di suo piuttosto elevato. Una telecamera mobile garantisce maggiore varietà e contesti, ma deve mantenere l’azione a schermo leggibile, sia durante la transizione che una volta riposizionata, e ciò non avviene sempre nella produzione Choice Provisions.

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In Runner2 ogni livello era come un grande spartito, complesso eppure facile da interpretare, quasi intuitivo una volta familiarizzato con la sequenza di comandi da impartire e memorizzata la composizione dopo innumerevoli fallimenti, complici la già citata natura ritmica del titolo e una presentazione pulita, senza fronzoli di sorta a ostruire la sinestesia audio-visiva in cui immergersi con gioia.

In Runner3 questo delicato equilibrio viene meno, tra vere e proprie barriere architettoniche che bloccano il campo visivo e livelli che si letteralmente montano davanti al giocatore, costringendo a salti della fede nella speranza che qualcosa spunti dal nulla ad interrompere la caduta. Si è quasi costretti a morire, ricominciando dal checkpoint o peggio dal principio finché gli scherzi di cattivo gusto della regia non entrano a forza nella testa del malcapitato di turno.

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Immaginate di essere alle prese con un Guitar Hero, con una mano che si parcheggia costantemente sullo schermo e note che saltano fuori a pochi centimetri dal plettro; certo, a furia di sbagliare si scende a patti con i vari fastidi e una volta impresso tutto a fuoco nella memoria si riesce ad arrivare a fine corsa, ma non è divertente, né immediato, solo frustrante.

Imbestialirmi con Runner3 mi ha riportato alla mente il boss finale di Drakengard 3, una semplice prova in stile rhythm game complicata all’inverosimile da una telecamera che non voleva saperne di stare ferma. Ma mentre in quel caso il buon Yoko Taro si limitava a prendere per i fondelli il giocatore per qualcosa come 5 minuti (5 ore all’atto pratico), qui abbiamo tra le mani un’intera opera che fa della “burla” la sua principale arma di offesa nei confronti dell’utente.

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Una mossa forse ritenuta saggia dagli sviluppatori per scongiurare un eventuale senso di dejà vu? Eppure finché il titolo si svela in maniera pulita e “corretta” (come in passato) funziona alla grande: magari i livelli sono un po’ troppo lunghi, ma la sfida resta davvero avvincente, almeno finché si traduce nel districarsi all’interno di un level design spinto al limite (sempre rimanendo in ambito “runner”), creativo tanto nella forma quanto nell’esecuzione; poi il terreno sotto i piedi diventa volatile, gli occhi vengono ingannati da repentini cambi di layout, e lì passa la fantasia di perdere tempo con un gioco che riscrive le regole quando e come gli fa comodo.

A dire il vero avremmo anche tollerato la volubilità di Runner3 come parte integrante del suo carattere sbarazzino, non fosse per un elemento altrettanto seccante: il backtracking. Vero, in Runner2 si era chiamati a completare ogni livello 3 volte, tuttavia per puro completismo, di norma una sessione ben fatta era infatti più che sufficiente per completare un percorso al 100%, collezionabili compresi; qui però si esagera, ed è un passaggio obbligato se si vuole sbloccare il nutrito cast di personaggi (tra cui spiccano alcuni ospiti niente male).

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Per farla breve: ogni tappa in Runner3 annovera 100 lingotti d’oro. Arrivati al traguardo, si sblocca la “Gem Run”, che dà accesso a strade secondarie in cui raccogliere le 25 gemme disseminate in giro. E siamo già a due tornate; poi ci sono le missioni, che vanno prima accettate, sbloccando nuovi oggetti da raccogliere negli altri livelli, e poi segnalate al loro completamento. Insomma, per finire una caspita di sezione dovremmo tornarci qualcosa come 3-4 volte, e questo solo se si ha l’accortezza di raccogliere tutto al primo tentativo, senza dimenticare la caccia agli adesivi e allo sfuggente VHS, nascosto chissà dove e indispensabile per sbloccare le sfide retrò, a loro volta necessarie per acquistare costumi e accessori con le monete raccolte.

Non so voi, ma se devo grindare non scelgo certo un platform. E il bello è che questa mole concentrata di contenuti sembra aver intaccato la longevità dell’avventura, stipata all’interno di soli 3 mondi per quaranta livelli, di cui 4 boss fight, simpatiche, ma un po’ troppo facili (tranne l’ultima) e 10 livelli sfida dal look anni ’80 per puristi dal DNA probabilmente asiatico su cui abbiamo messo subito un bel macigno sopra prima di perdere un polmone (difficoltà genuina stavolta, niente zoom che falsa le distanze o altri sotterfugi). Le prove retrò lasciano il tempo che trovano, ma abbiamo apprezzato il cambio di rotta e la possibilità di muoversi liberamente come in un classico platform 2D.

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Battere i propri record e condividerli online è un ottimo stimolo per tornare sui propri passi, ma con così pochi percorsi a disposizione ci si annoia in fretta, e avere solo 3 aree tematiche (cibo, fantasmi e robot) non aiuta; avremmo preferito di gran lunga un maggior numero di location, livelli più brevi e numerosi, anche perché sezioni più ampie si traducono in passaggi più pedanti da ripetere dopo un errore, e da come avrete ben capito è una cosa che succede spesso.

Un’occasione mancata per i ragazzi di Choice Provisions: il livello di difficoltà che decolla rapidamente e sfiora picchi mai neanche lontanamente immaginati da Runner2 rende Runner3 un’opera fortemente consigliata ai veterani della serie, che potranno saggiare al meglio una formula di gioco solida, più vivace e coraggiosa di quanto visto nel suo predecessore, in grado persino di spodestarlo grazie a un level design ammaliante e ricco di sfaccettature.

Un canovaccio potenzialmente ineccepibile, deturpato dalla penuria di opzioni e da una conduzione indisponente, per un’esperienza che oscilla tra il galvanizzante e il frustrante, l’entusiasmo e il tedio. Un quadro un po’ pasticciato altrettanto inusuale nella presentazione: a seconda dei vostri gusti infatti la veste grafica può risultare tanto “graziosa” quanto grottesca, con questo look plasticoso e modelli stravaganti, tra ciminiere che fumano sigari, carote con gli occhi fuori dalle orbite e gufi antropomorfi giganti muniti di martello e parrucone da giudici, tutti grinzosi e pieni di escrescenze…

Se non altro lega bene con la colonna sonora, che spazia dall’orecchiabile elettronica tipica della saga a brani che fanno tanto “cartone animato della domenica” (come un sacco di design del resto); bizzarra ma d’impatto; pure qui una scaletta più ampia avrebbe fatto comodo. Quanto alle performance, abbiamo provato Runner3 su Nintendo Switch, dove sfoggia un frame rate perlopiù stabile, con qualche sporadico calo durante le battute iniziali di alcuni livelli, nulla di grave; tempi di caricamento in compenso lunghetti.

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