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Recensione Kona, il sangue nelle vene gelerà per il freddo

Mar 18, 2018

Kona – Nintendo Switch

Kona è un’avventura che affonda nel thriller il suo intreccio narrativo. Assisteremo con gli occhi di Carl alla risoluzione di un mistero, che, come nei grandi classici del giallo, inizia con un omicidio. Prima di mettervi comodi davanti alla vostra console, procuratevi anche una bella coperta, perché a Atamipek Lake fa davvero freddo!

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A volte risolvere un giallo non è la vera sfida di una buona storia, ci sono tante altre dinamiche che nella realtà dovremmo tener conto, ad esempio il contorno di un’ambientazione ostile come una gelida valle del Quebec. Probabilmente, deve essere stato questo il pensiero degli sviluppatori di Kona, la nuova avventura in prima persona arrivata recentemente nello Store di Nintendo Switch.

Già l’anno scorso lo studio canadese di Parabole aveva sviluppato Kona su PC, Xbox One e PS4, e questa nuova versione dedicata a Nintendo Switch potrebbe dare maggiori soddisfazioni, dato che la console e il genere delle avventure sembrano andare decisamente d’accordo.

A metà strada tra thriller e sopravvivenza

Infatti, Kona non è un survival horror nei termini in cui siamo abituati a intendere noi giocatori: non ci sono demoni o zombi che ci danno la caccia e poche cartucce per poterci difendere; gli sviluppatori hanno studiato altri sistemi per renderci la vita ancora più difficile, eppure si tratta di elementi che a differenza delle mostruosità che popolano solitamente i nostri giochi, potremmo incontrare nella realtà.

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La nostra storia è ambientata nel 1970 in Atamipek Lake, una località immaginaria del Quebec, dove il nostro protagonista, l’investigatore privato ed ex veterano di guerra Carl Faubert, viene assunto da un ricco industriale per indagare su alcuni strani fenomeni di vandalismo. Ma proprio quando Carl sta per giungere a destinazione, una tormenta investe le strade della valle e la sua auto finisce fuori strada.

Appena ripresosi dall’incidente, Carl è smarrito e rischia l’assideramento. Nonostante il posto non sia nuovo ai climi più rigidi, Carl non aveva immaginato un freddo così tagliente, al punto di non essersi portato nemmeno un cappotto (!). Ma il nostro investigatore decide di non darsi per vinto e raggiunge l’emporio dell’area di servizio dove aveva fissato l’appuntamento con l’industriale William Hamilton.

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Il signor Hamilton è morto di noia mentre ci aspettava

Purtroppo, le cose si fanno ancora più complicate: Carl trova il suo cliente morto sul pavimento e avrà un caso decisamente più delicato su cui indagare. Quello che sembra un banale prologo, nasconde in verità una trama che non vogliamo anticiparvi con ulteriori dettagli, ma possiamo vedere sin dalle prime battute di gioco che un mistero decisamente più grande si cela dietro a questo omicidio.

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Kona nasconde dei retroscena assolutamente inaspettati, che si legano alla storia di quelle terre, al conflitto tra nativi e capitalisti; un background che, purtroppo, viene somministrato al giocatore solamente attraverso la lettura dei documenti che vengono rinvenuti, dando pochissimo spazio a questa narrazione di fondo. Una narrazione che sicuramente meritava di essere approfondita con altri espedienti di gioco.

La neve se ne frega

Il primo nemico che dovremo affrontare sarà proprio il freddo, principale autore della componente survival di Kona. Dal primo momento in cui Carl esce dal suo pick-up, il gelo la fa da padrone ed è costretto a cercare riparo il prima possibile, se non vuole morire assiderato.

Per evitare la sua dipartita, Carl sfrutterà principalmente le stufe a legna sparse un po’ ovunque nel gioco, anche perché grazie ad esse è possibile salvare la partita, ma badate che per fare il fuoco – come logica vorrebbe anche nella vita reale – occorrono i fiammiferi e la legna, e non sempre questa si trova a portata di mano. Questo aspetto mette sempre sotto pressione il nostro Carl, limitandolo in quella che altrimenti sarebbe una libera (e noiosa) esplorazione nelle aree aperte.

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Altro elemento disturbante nella nostra avventura è il crescente senso di inquietudine e solitudine. Il bianco della neve onnipresente delle scene, il mistero della mancanza di altri individui sulla scena e anche qualche elemento soprannaturale, non fanno altro che far crescere un senso di angoscia e tensione davvero notevole, che mette orrore addosso al giocatore, senza dover ricorrere a espedienti sempre più sfruttati come i jump-scare.

A differenza del freddo che può provocare la morte di Carl, lo stress provato in alcune fasi di gioco possono privarlo della giusta lucidità e quindi limitarlo nei movimenti.

I livelli di temperatura, stress e salute di Carl vengono mostrati sulla parte superiore sinistra dello schermo, ogni volta che questi vengono interessati dagli eventi.

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Kona si pone in un piano differente rispetto qualunque altro titolo che possa avvicinarsi al genere trattato. Un survival dettato da elementi realistici e lontano dai canoni, un’esplorazione limitata e differente rispetto a un titolo come Everybody’s Gone to the Rapture da cui sembra aver attinto, e infine anche un’avventura investigativa insolita.

La storia è raccontata in terza persona, da un misterioso narratore che sembra attingere direttamente dal diario di Carl, un espediente funzionale che si rivelerà indispensabile per comprendere cosa bisogna fare, senza incorrere a punti morti nel corso dell’esplorazione.

Infatti, nonostante la narrazione ben impostata e i sottotitoli in italiano che ci vengono in aiuto, Kona si lascia giocare con una linearità appena sufficiente e singolare per un genere investigativo: se non si tiene d’occhio il manoscritto di Carl, ci si ritrova diverse volte a ripercorrere per tentativi alcune aree per cercare quell’oggetto utile a risolvere un enigma e quindi andare avanti, ottenendo un’esperienza di gioco a tratti frustrante.

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Aggiungiamo anche il fatto che muovendoci in auto o in motoslitta, con gli scenari completamente innevati è facile perdere l’orientamento, non accorgersi quando è il momento di svoltare o peggio non notare strutture e altri elementi fondamentali per la nostra indagine.

Inoltre, portando a termine l’avventura, abbiamo notato che è possibile arrivare al finale ignorando alcuni elementi della trama o addirittura delle aree. Nulla di nuovo per un gioco di questo tipo, se non fosse in netta contrapposizione con la scarsa linearità di cui vi abbiamo parlato poco sopra.

L’amore per il Canada

Nonostante il candore disturbante della neve e i paesaggi semi nascosti da essa, Kona offre una buona rappresentazione dei territori canadesi, con la campagna più inospitale e le terre più allo stato grezzo. La tormenta e i venti che la dominano godono di una fisica quanto più prossima al realismo, ma purtroppo qualche sbavatura si lascia intravedere.

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L’engine grafico utilizzato è essenziale, tuttavia abbiamo riscontrato qualche cedimento nel frame rate e qualche perdita di dettaglio contestualmente al movimento del nostro protagonista. E la visuale in prima persona sembra amplificare queste piccole lacune, soprattutto quando la console Nintendo è inserita nella dock in modalità TV.

Inoltre, se da una parte abbiamo apprezzato la colonna sonora originale, ci siamo presi la briga di stare quanto più possibile lontani dal pick-up e dall’assordante rumore del suo motore… praticamente sembra inseguirci. Anche se vi trovate dentro un locale nelle vicinanze. Non abbiamo compreso se si tratti di un bug, o più semplicemente è arrivato il momento per Carl di cambiare auto.

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Spegnete quel pick-up

Kona è un titolo che merita di essere giocato dagli amanti del thriller e delle avventure grafiche, e potrebbe di certo incontrare il favore degli appassionati del genere horror, anche se si tratta di un genere abbastanza diverso. I difetti non mancano e alcune mancanze potevano essere evitate con un lavoro più certosino da parte degli sviluppatori. Possiamo dare fiducia ai ragazzi di Parabole e attendere con interesse i loro futuri lavori.

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