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Pertini, l’appello della guida alpina Salluard “Dedichiamogli una cima delle Alpi”:

Feb 24, 2020

COURMAYEUR – Ormai ci sono soltanto i nipoti e in rari casi i figli che possono testimoniare quello che le guide alpine di Courmayeur fecero per il «partigiano Sandro», aiutandolo a rientrare in Italia dalla Francia attraverso il Monte Bianco. A 30 anni dalla scomparsa dell’ex presidente della Repubblica Pertini, uno dei principali protagonisti della lotta di Liberazione, Ferruccio Salluard, nipote di Francis, guida emerita di Courmayeur attiva tra gli anni ‘30 e ‘50, ricorda cosa accadde nell’ottobre del 1944.

«Mio nonno era un combattente partigiano e capogruppo del distaccamento di Entrèves, e fu tra coloro che, a rischio della propria vita, si occuparono di prelevare Pertini dai boschi sotto il rifugio del Pavillon per condurlo da Courmayeur fino a Cogne, consentendogli così di raggiungere Torino e da lì Milano».

Il segretario del Psiup per l’Italia occupata aveva deciso di tornare segretamente in Italia da Chamonix passando per i ghiacciai del Monte Bianco, con l’obiettivo di assumere nuovamente gli incarichi di comando nel Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia. Il nipote di Salluard gestisce la baita e ristorante di famiglia Mont Dolent in Val Ferret. È da qui che si rivolge adesso alla Società delle Guide di Courmayeur per dedicare a Pertini «se non una cima o un colle, almeno un canale o un diedro nella catena del Bianco».

Anche tra gli altri famigliari dei compagni partigiani che parteciparono alla «Missione Sandro», si è riaccesa la voglia di ricordare. «I nostri vecchi non ci sono più e noi parenti non abbiamo fatto tutto il necessario per conservare le loro memorie – dicono Elena e Jean Pascal, figli della staffetta partigiana Levi Pascal, che a soli 19 anni accompagnò il futuro presidente su queste montagne – dispiace non averli intervistati, non avere testimonianze registrate».

Salluard, come arrivò Pertini da Chamonix a Courmayeur?

«Dai ricordi di mio nonno so che Pertini traversò il Bianco con un altro compagno partigiano e due radiotelegrafisti. I maquisards (i partigiani francesi n.d.r.) li avevano aiutati ad arrivare da Chamonix fino all’Aiguille du Midi con una teleferica per le merci e da lì a piedi con le racchette da neve fino al Colle del Gigante e al Rifugio Torino, con condizioni di innevamento difficili».

Quando entrarono in gioco i partigiani valdostani?

«I francesi erano in contatto con la Resistenza valdostana che da qualche giorno stava aspettando un partigiano di nome Sandro. Dal Rifugio Torino, Pertini si spostò alla capanna del Mulet e poi più giù al rifugio del Pavillon e da qui a Entrèves. Mio nonno e gli altri compagni li tennero nascosti, trovarono loro un posto sicuro dove dormire e recuperarono le radio ricetrasmittenti per farle arrivare a Torino. Successivamente scesero a Morgex per poi proseguire a piedi verso Aosta alla volta di Cogne».

Dopo la Liberazione si rividero ancora Pertini e suo nonno?

«Passò moltissimo tempo. Si riabbracciarono di nuovo trentasei anni dopo. Nell’estate del 1980 Pertini venne in visita ufficiale a Courmayeur da presidente della Repubblica. Ebbe modo di incontrare proprio ad Entrèves il nonno e gli altri partigiani che lo avevano protetto: Ettore Guichardaz, Michele Retegno, Laurent Chabloz, Pascal Levi, Paolo Thomasset e Alice Chenal. La guida alpina di Courmayeur Mario Puchoz invece era deceduta nel ‘54 sul K2. Fu un momento molto commovente per tutti».

Perché dedicare un luogo a Pertini su queste montagne di casa?

«Il nonno Francis approverebbe. Come pure mio padre Franco, che è stato una guida di Courmayeur. Le guide hanno avuto un ruolo nella storia della Resistenza, anche aiutando Pertini a tornare in Italia per fare la Liberazione. La Società delle Guide potrebbe perciò individuare qualche posto nel Cirque Maudit, nel massiccio del Bianco, chiedendo agli enti preposti di intitolarlo alla memoria del Presidente. Oppure le guide più giovani potrebbero aprire una nuova via in suo ricordo».

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