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Netflix presenta Sex Education, serie TV sulle esperienze degli adolescenti

Gen 19, 2019

Nonostante ci troviamo in un periodo di continua sperimentazione con la serialità televisiva, la sessualità è una tematica estremamente difficile da trattare nella narrazione. Rappresentare le infinite sfaccettature della sfera intima attuale è un’impresa quasi più complessa che inscenare un omicidio a schermo per i più disparati motivi: sicuramente i network tradizionali mostrano ancora un po’ di resistenza sull’argomento, imponendo diversi limiti e censure.

Sex Education, la nuova serie teen drama britannica dell’iperattiva Netflix, dimostra come la rottura di queste restrizioni possa condurre a un prodotto piacevole, fresco e con una buona dose di autoironia, perché non c’è niente di più chimerico, folle e allo stesso tempo drammatico dell’identità degli adolescenti moderni.


Otis (Asa Butterfield, Hugo Cabret) è il classico nerd abbastanza sfigato che vive nell’anonimato della classe. A causa del divorzio dei suoi genitori e il controllo della madre strizzacervelli (Gillian Anderson, la Dana Scully di X-Files) che esercita sulla sua sfera privata, il nostro reprime i classici impulsi della sua età, mentre i suoi compagni di scuola sono nel pieno della scoperta di questa meravigliosa “materia”. Ma nonostante questo, Otis ha una conoscenza vastissima dell’argomento grazie ai libri e studi genitoriali, e insieme alla compagna di classe ribelle Maeve (Emma Mackey) aprirà una clinica clandestina durante gli orari scolastici per aiutare tutti i suoi coetanei alle prese con le prime imbarazzanti esperienze e salvarli da problemi più seri.

Sin dai primi minuti avrete una chiara dimostrazione di cosa c’è di diverso in questo show rispetto ad altre serie sull’argomento: Sex Education è completamente senza filtri verbali e per poco anche visivi. Se ormai siamo già da un po’ di tempo abituati a vedere nudi integrali in TV, la fisicità mostrata in questa serie è per certi versi diversa e messa sotto una luce inedita. Non ci sono enfatizzazioni o inquadrature unicamente votate a mostrare le grazie di un attore qualsiasi, perché sono parte integrante della narrazione visiva dello show. Questa “normalizzazione” la si sente anche nei dialoghi, scritti da persone che non solo hanno colto il linguaggio delle nuove generazioni, ma sono riusciti a mostrare anche il loro lato ribelle così come le enormi insicurezze che tutti, prima o poi, hanno affrontato durante quest’età della propria vita.


L’Otis dell’ex ragazzo prodigio ne è la prova: Butterfield riesce a cambiare fantasticamente il suo registro attoriale dal weirdo incapace di reggere una conversazione a vero e proprio guru, più spigliato e carismatico agli occhi dello spettatore così come dei suoi compagni che iniziano a notare la sua esistenza. Il suo personaggio è il prototipo dell’adolescente medio, ricolmo di idiosincrasie verso genitori e società, alla ricerca di una risposta univoca che funzioni in ogni situazione ma allo stesso tempo schiavo di sensazioni e pensieri a cui non riesce a dare spiegazioni.

Ogni puntata dello show si concentra su un determinato “caso clinico” presentato nell’antefatto, che va a scimmiottare quelli di un medical drama. Che si tratti di ansia da prestazione, casi di vendette mediatiche o seri problemi fisici, Otis riesce a trovare una soluzione o un consiglio adatto. Qui si vede il lato più serio dello show: anche se alcuni casi risultano bislacchi o troppo assurdi per essere veri, l’analisi delle situazioni porta alla luce tutti i maggiori problemi di un’età umana piena di incomprensioni e paure camuffate. All’improvviso, dal ridere per battute esplicite e talvolta di dubbio gusto, lo show passa a proporre dei momenti più drammatici e introspettivi sui suoi personaggi e sulla situazione che stanno affrontando, come per esempio la fortissima sequenza nella clinica del terzo episodio.

In uno show del genere non può certo mancare la componente LGBT, qui messa in scena nella vicenda del giovane Eric, il migliore amico di Otis. Inizialmente mostrato come una figura stereotipata di gay stravagante, col passare degli episodi e con l’evoluzione del suo rapporto col protagonista apprendiamo la sua complicata battaglia nel fare coming out in una famiglia estremamente religiosa e far accettare la sua particolare persona nell’ambiente scolastico, anche con situazioni parecchio forti da vedere.


A differenza di molti teen drama recenti che si sono fregiati di sceneggiature realistiche e attenzione nella rappresentazione dell’adolescenza (Baby, sto parlando con te) Sex Education propone un quadro iniziale assurdo e quasi fumettistico – la presentazione del liceo, in cui tutti gli studenti stanno contemporaneamente pensando alla stessa cosa – ma con l’avanzare delle puntate ci viene rivelata una situazione più approfondita e realistica, in cui anche la macchietta più assurda si dispiega davanti ai nostri occhi e racconta la sua unicità.

Sex Education non è nulla di trascendentale e non rivoluzionerà il medium stilisticamente o visivamente, ma è una interessante analisi a metà fra la commedia e il dramma nudo e crudo sull’adolescenza, il periodo più folle e paradossale della vita di tutti noi.

Volete riscoprire la carriera del giovane attore protagonista? Vi consigliamo Hugo Cabret, un bellissimo film di Martin Scorsese!

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