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Mercati incerti tra guerra commerciale e stop ai test nucleari della Nord Corea

Apr 23, 2018

MILANO – Ore 10:15. I mercati europei aprono deboli dopo la chiusura negativa di venerdì scorso a Wall Street e la flessione odierna di Tokyo: stamattina l’indice Nikkei ha ceduto lo 0,33% in scia al contraccolpo sul Nasdaq dell’ultima seduta. Milano avvia gli scambi in rosso dello 0,1%, in linea con le altre: Parigi perde lo 0,15%, Londra e Francoforte sono appena sotto la parità. A Piazza Affari pesa per un -0,36% lo stacco delle cedole di alcuni grandi titoli: Unicredit, Recordati, Ferrari, Prysmian, Luxottica, Cnh industrial e Finecobank.

Nelle sale operative si sta ancora metabolizzando l’annuncio nordcoreano dello stop ai test nucleari, che comporta una leggera distensione con lo yen – storico bene rifugio – che perde qualche posizione. Anche l’oro ritraccia. Gli investitori faticano a prendere una posizione netta, sempre sospesi su una minaccia di guerra commerciale tra Washington e Pechino, mentre il rendimento dei decennali americani flirta ormai con il livello-simbolo del 3%. Sulla crescita, oltre all’aspettativa di aumento dei tassi Fed, anche la galoppata prevista per il deficit Usa a seguito delle politiche fiscali di Donald Trump.

L’euro apre sotto quota 1,23 dollari. La moneta europea passa di mano a 1,2271 dollari e 132,29 yen. Dollaro/yen in rialzo a 107,79. Nuova iniezione di liquidità da parte della Banca centrale cinese tramite operazioni di mercato aperto: 80 miliardi di yuan (circa 12,7 miliardi di dollari) in pronti contro termine a sette giorni, che vanno a compensare la stessa quantità di pronti contro termine in scadenza.

Dal fronte macroeconomico si segnala che in Giappone L’indice Pmi del manifatturiero – che anticipa l’andamento del settore intervistando i direttori agli acquisti delle aziende – si è attestato a 53,3 ad aprile. Il dato risulta in leggero rialzo rispetto al dato del mese precedente quando il relativo indice si era attestato a 53,1. Ogni lettura sopra 50 punti indica una fase espansiva dell’economia. Anche l’Europa ha diffuso i dati sui Pmi: l’indice manifatturiero dell’Eurozona si è attestato in calo a 56 punti ad aprile.

Negli Stati Uniti si guarda all’indice Fed di Chicago di marzo, alle vendite di case esistenti e ai Pmi su servizi e manifatturiero (l’agenda della settimana).

Tra i conti internazionali, si segnala che l’utile netto dell’Unione delle Banche Svizzere (Ubs) sale del 19% nel primo trimestre a 1,5 miliardi di franchi (1,2 miliardi di euro). I ricavi crescono del 2% a 7,6 miliardi di franche, per il traino delle attività di intermediazione, cresciute del 5% a 4,1 miliardi di franchi. “Eccellente debutto di 2018” commenta l’amministratore delegato, Sergio Ermotti. Il gruppo olandese Philips registra invece un calo del 27% degli utili netti nel primo trimestre a 94 milioni di euro: il passo indietro è legato all’aumento degli oneri finanziari per le ristrutturazioni e le acquisizioni, oltre che all’aumento dell’indebitamento.

La seduta di venerdì scorso a Wall Street è finita in calo, non lontano dai minimi intraday. Per il secondo giorno di fila, a pesare è stato il settore tecnologico (-1,4%), appesantito da Apple (-4,1%) che ha continuato a soffrire per via dell’outlook negativo dato da un produttore asiatico di chip. Gli analisti di Morgan Stanley non hanno aiutato il gruppo di cupertino: secondo le loro stime le vendite dell’iPhone nel trimestre a giugno deluderanno. Fino ad ora, il 16% circa delle aziende parte dell’S&P 500 ha pubblicato i propri conti: del totale, l’81,5% ha comunicato utili oltre il consenso. Quella che sta per iniziare sarà la settimana più intensa sul fronte delle trimestrali con oltre un terzo dei gruppi parte dell’indice benchmark americano che diffonderanno i loro bilanci. Tra di essi ci saranno Alphabet-Google (oggi a mercati chiusi), Intel, Microsoft e Amazon (giovedì). Il Dow ha ceduto lo 0,82%, lo S&P 500 lo 0,85% e il Nasdaq ha lasciato sul terreno l’1,27%. Nella settimana, comunque, i tre indici hanno guadagnato mezzo punto percentuale.

Il prezzo del petrolio frena per l’aumento della produzione Usa, ma resta su livelli elevati. Le trivellazioni negli Stati Uniti secondo il rapporto Baker Hughes avanzano di 5 unità a 820 unità, al top da 3 anni. Intanto a Gedda i Paesi produttori Opec e non Opec, inclusa la Russia, hanno gettato le basi per prolungare oltre il 2018 l’accordo sui tagli produttivi. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti cedono di 5 cent a 68,35 dollari, mentre quelli sul Brent avanzano di un cent a 74,07 dollari.

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