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L’Argentina però non chiama Higuain…

Nov 6, 2017

Alessandro Vocalelli

lunedì 6 novembre 2017 07:59

ROMA – Il campionato saluta per due settimane, annunciando però un ritorno in grande stile: da Roma-Lazio a Napoli-Milan, da Samp-Juve a Inter-Atalanta, ci sarà da divertirsi. Nel frattempo il movimento si gioca una fetta importante, importantissima, del suo domani: c’è un Mondiale da conquistare contro la Svezia. E Ventura, che conosce il calcio, saprà sicuramente cogliere le indicazioni di un campionato a suo modo chiarissimo. Come dimostra ad esempio la Juve, capace di alternare moduli e giocatori, ben sapendo che non esistono formule magiche e sono sempre i campioni a fare la differenza.

Come è successo, come è nuovamente successo, contro il Benevento, in una partita che si stava trasformando in una pericolosissima trappola. Ci sono giornate in cui pensi che tutto sia facile, non hai motivo per tenere alta la guardia e invece finisci per infilarti dentro a un problema imprevisto. È anche, o soprattutto, in quei frangenti che serve l’idea, il colpo di genio, perché non basta cominciare a faticare e soffrire. Sono questi i momenti di un centravanti speciale come Higuain, che ha timbrato il suo trentunesimo gol in cinquanta partite di campionato in bianconero. Una media notevole, per un giocatore che sa cogliere l’attimo, per lui e per la squadra. La rete con cui ha firmato il pareggio, facendo scendere temperatura e pressione, è di quelle che solo apparentemente sembrano facili: un pallone da soffiare sul palo più lungo, senza però affondare eccessivamente, perché il rischio in simili casi è di trovare più la tribuna che l’incrocio dei pali. È così che la Juve è rientrata in partita, evitandosi una corsa sempre più frenetica, scomposta, verso il traguardo. È incredibile che per Higuain non ci sia posto, non ci sia ancora posto, nella Nazionale argentina: ma, si sa, il calcio è una scienza imperfetta, in cui convivono umori, storie personali e punti di vista.

Non è un punto di vista la Roma di Di Francesco, che continua a mettere insieme una serie di risultati pazzeschi. Incurante della fatica, mentale e fisica, che provocano anche gli impegni internazionali di primo livello. I giallorossi, dopo i due confronti col Chelsea, sono dovuti andare due volte in trasferta: in casa del Toro e della Fiorentina. Eppure la squadra non ha staccato la spina neppure per un secondo, dando continuità alla sua marcia. Così, dopo le tre reti all’Olimpico contro Hazard e compagni, ne sono arrivate altre quattro a Firenze, in un campo – ha ragione anche in questo l’allenatore – in cui sarà dura per tutti. La verità è che Di Francesco continua a mettere insieme intuizioni e buon senso, facendo sentire tutti utili alla causa. È così che si spiega il momento magico di Perotti, che lo scorso anno a un certo punto era sparito, è così che si spiega la crescita del giovane Gerson, completamente ignorato nella stagione passata dopo l’apparizione a Torino. La Roma oggi è una squadra compatta, serena, in cui tutti si sentono funzionali e importanti. La società è stata brava a puntare su un senso di appartenenza che Di Francesco è oggi capace di rappresentare nel migliore dei modi.

Ed è singolare pensare che tra quattordici giorni dovrà vedersela con Simone Inzaghi, con cui divide un primato di cui andare orgoglioso: allenare la squadra con cui ha vinto uno scudetto da calciatore. Juve e Roma hanno così guadagnato due punti sul Napoli, che si è invece fermato in casa del Chievo. Ha ragione Sarri a non drammatizzare, anche se in un campionato così spaccato tra le prime cinque ed il resto della compagnia, non vincere finisce per farti perdere immediatamente terreno.

Il Napoli resta comunque al primo posto e nessuno può mettere minimamente in discussione ciò che di bello è stato fatto finora. Il Napoli ha pagato la fatica col Manchester City e l’infortunio di Ghoulam, che è uno dei giocatori-cardine nei meccanismi di Sarri. A gennaio arriverà Inglese per rendere meno pesante l’assenza di Milik, ma anche di più serve un rinforzo sulla fascia sinistra, che è poi la catena – dicono così quelli che raccontano oggi il pallone – più utilizzata dal Napoli. Che al ritorno del campionato ospiterà, come detto, il Milan di Montella. Sì, il Milan di Montella non è un modo di dire, ma la fotografia di quello che è emerso con il Sassuolo. I rossoneri hanno, avranno, ancora problemi, ma la determinazione con cui hanno vinto in trasferta è un segnale essenziale: l’allenatore è stimato dai giocatori. Ed è bello che sia arrivato un messaggio così chiaro e preciso, perché ci sono momenti in cui è facile riempirsi la testa di pensieri sbagliati. Mentre meriti e responsabilità vanno sempre divisi. È solo così che si può ripartire.

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