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Albiol esclusivo: “Napoli mi manca, tornerò quando tutto questo sarà finito”

Mar 26, 2020

La mano di Raul lo spagnolo, il padre e l’uomo, tiene strette quelle di tanti italiani. Conosciuti e sconosciuti: «Italia e Spagna sono i Paesi più colpiti e in difficoltà: e sì, dobbiamo restare uniti e andare avanti mano nella mano. Tutti noi. Tutto il mondo contro questo casino». Sarà un caso, o magari sarà perché ormai Covid-19, la pandemia da coronavirus, è diventata l’ombra gelida della nostra quotidianità, ma lui in mezzora abbondante di chiacchierata non la nomina mai. Mai. Neanche una volta. Curiosità, un dettaglio appena; fatto sta che il Casino, come dice Albiol in un italiano ancora ottimo seppur screziato di evidenti tracce di valenciano, è un termine veloce e immediato che inquadra perfettamente la portata di un guaio di nome pandemia. La sua vita, come quella di miliardi di altre persone nel mondo, in questo momento è sospesa, bloccata, “quedata en casa” come dicono a Puçol, spicchio azzurro della Comunità autonoma Valenciana di 19mila abitanti sospeso tra Valencia e Vila-real, dove si respira aria di mare e d’estate si contano i turisti. «Di questi tempi, però, è un deserto». Certo, sì, le scene sono identiche un po’ ovunque: poche anime in giro se non gli angeli travestiti da medici e infermieri, le forze dell’ordine, l’irriducibile popolo delle attività essenziali e l’esercito dei supermarket. «Sì, puoi andare a fare la spesa, ma personalmente non sono mai uscito. Mai in tre settimane». Giusto un po’ d’aria in giardino e poi gli allenamenti individuali studiati dal preparatore del Villarreal, la sua nuova squadra dopo sei anni e sei stagioni con il Napoli. Allan lo chiamava el Patron sia per celebrarne il carisma, sia per scherzare un po’ sull’onda della serie televisiva dedicata a Pablo Escobar; e tutti oggi lo ricordano come un grandissimo difensore. Uno dei migliori. Uno dei più rimpianti. «Napoli manca anche a me, a mia moglie e ai miei figli: quando questo casino finirà, perché finirà, torneremo».

In vacanza, intende.

«Sì, a trovare gli amici: mi manca Lello, un fratello più che un amico. Mi mancano i compagni. Mi mancano Mario, il portiere del palazzo in cui abitavo, e tante altre persone. Sa cosa?».

Cosa.

«In realtà io e la mia famiglia saremmo dovuti venire in questo periodo. Tra marzo e aprile. Approfi ttando di una pausa delle scuole».

E invece è andata così. E’ andata che bisogna difendere se stessi e gli altri: surreale, vero?

«E’ incredibile quello che sta capitando, una cosa nuova per tutti. Un colpo durissimo: si vive male, con enorme tristezza e lontani dai familiari e dalle persone care. E si contano i morti, si combatte con la paura. Si piange».

Lei ha mai pianto?

«Sì, è capitato ascoltando le esperienze della gente che non conosci e guardando le immagini trasmesse dalla Spagna, dall’Italia, dalla Cina. Tutto il mondo è unito nella soff erenza. E la sofferenza fa male».

L’Italia e la Spagna sono i Paesi maggiormente colpiti dal Covid- 19.

«Tante persone sono contagiate e tante sono morte. E stanno morendo. Voi siete due settimane avanti, ma ora anche qui le terapie intensive sono in sofferenza e negli ospedali mancano attrezzature, respiratori e mascherine. Attendiamo aiuti proprio come voi».

Lei possiede una mascherina?

«No. Né io, né la mia famiglia. Ma siamo chiusi in casa, speriamo al sicuro, al contrario dei medici, degli infermieri e del personale sanitario che lavora senza sosta e combatte ogni giorno per aiutare tutti noi. Per recuperare i malati, per alleviare le soff erenze di chi sta male o addirittura malissimo. Dobbiamo aiutarli e sostenerli in ogni modo possibile. Bisogna restare uniti e, ripeto, soprattutto aspettare in casa che fi nisca questa specie di guerra biologica: è l’unico modo per dare una mano a loro e anche alle persone più anziane e maggiormente esposte ai rischi. Personalmente non vedo i miei genitori da un mese, ma stanno bene e mi basta questo».

Conosce persone contagiate?

«Sì, ma per fortuna stanno abbastanza bene. Ho letto anche di Pepe, Reina, ma non l’ho ancora sentito».

Ha mai parlato con Hamsik? Lui vive la Cina.

«No, non ancora. Parlo invece con Callejon, Fabian, Ospina, Koulibaly e Allan. Con i terapisti. I vecchi amici del Napoli».

Leggi l’intervista completa sul Corriere dello Sport-Stadio in edicola

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