L’avvio di scambi in Europa è comunque positivo, anche senza variazioni di rilievo. Parigi guadagna lo 0,25%, Francoforte segna un +0,06% e Londra è a +0,16%. Anche Milano partecipa all’ottimismo ma dopo aver indossato la maglia rosa nella seduta di martedì segna un più timido +0,23%.
Gli investitori puntano dunque a consolidare le posizioni in attesa di ulteriori progressi sul fronte dei vaccini, considerando che la pandemia continua comunque a mordere la vita delle persone e le economie. Fattore, in Covid 19, che i mercati sembrano avere sterilizzato grazie soprattutto alla presenza rassicurante delle Banche centrali: il mese di novembre, caratterizzato dalla seconda ondata di contati in buona partre dell’occidente, vede le azioni globali tracciate dall’indice Msci in rialzo del 13%. Si avvia così ad esser il miglior mese dal 1988, data di partenza dell’indice.In mattinata, le Borse asiatiche hanno perso gran parte dello smalto che avevano registrato in apertura in scia ai record del Dow Jones. Tokyo ha segnato un guadagno dello 0,5%, Hong Kong dello 0,18%. Debole invece Shanghai che ha perso l’1,1%. Ieri sera, Wall Street ha portato l’indice delle blue chip a un guadagno dell’1,54%, lo S&P500 è salito dell’1,61% ed il Nadsaq dell’1,31%.
Tra gli eventi di giornata, gli osservatori si aspettano i verbali dell’ultima riunione della Fed.
Tra le materie prime, il petrolio consolida i rialzi che l’hanno portato ai livelli di marzo: a Londra il Brent è salito di 38 centesimi, o 0,8%, a 48,24 dollari al barile dopo aver guadagnato quasi il 4% nella sessione precedente. Sui circuiti elettronici, il Wti avanza invece di 027 centesimi,lo 0,6%, a 45,18 dollari, dopo essere salito ieri di oltre il 4%. Entrambi i contratti sono al massimo dall’inizio di marzo e hanno registrato un rialzo di circa il 9% negli ultimi quattro giorni. Con una transizione presidenziale all’insegna della distensione, l’arrivo dei vaccini e le aspettative che l’OPEC+ la prossima settimana estenderà i tagli alla produzione, i mercati petroliferi hanno completamente ignorato l’inaspettata crescita di 3,8 milioni di barili delle scorte degli Stati Uniti.