Non sono proprio incontri all’insegna della serenità e della collaborazione, quelli che si svolgono ogni settimana a Genova fra i periti nominati dal giudice per le indagini preliminari e i consulenti di alcuni degli indagati nell’inchiesta sul crollo di ponte Morandi. Non lo sono proprio per niente tanto che i primi hanno segnalato allo stesso gip di subire continuamente pressioni. E il caso, adesso, è finito alla Procura, che dovrà decidere il da farsi. Il tutto alla vigilia di una delle udienze del secondo incidente probatorio.
Il clima, nelle riunione fra specialisti, non è mai stato mite. Ma quel che è successo lo scorso 19 dicembre ha fatto prendere carta e penna ai periti del gip (dunque, imparziali). Alcuni tecnici di parte – alle operazioni partecipano anche i consulenti degli indagati di Autostrade e di Spea – hanno chiesto di potere effettuare delle prove di carico per testare la resistenza su una trave dell’impalcato, sostenendone i costi.
I risultati delle prove, hanno chiesto i consulenti, avrebbero dovuto essere acquisiti agli atti. I periti del gip si sono opposti sostenendo che non servisse. Da lì la situazione è degenerata, tanto che dopo quella riunione i tre periti del gip hanno scritto al giudice Angela Nutini dicendo di “ricevere pressioni costanti dai consulenti delle parti e di non essere sereni nello svolgimento del loro lavoro”.