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Il ritorno di Lucano a Riace tra gli applausi: “Abbiamo costruito la capitale dell’umanità”

Mag 25, 2019

Stanco, emozionato, a tratti quasi bloccato dai pensieri, troppi, che gli si affollano in testa e vorrebbe condividere con la sua gente che lo ascolta in piazza. Dopo 8 mesi di esilio, Mimmo Lucano è tornato nella sua Riace per il comizio conclusivo della campagna elettorale. Per lui non è la fine dell’esilio, ma solo una deroga. Il Tribunale di Locri gli ha permesso di partecipare al comizio di chiusura della campagna elettorale, in barba alle indicazioni del pm Michele Permunian, che all’istanza di Lucano aveva detto “no”.

Accolto da una folla di riacesi e non solo, che dal 14 ottobre lo attende e quando arriva lo abbraccia, lo bacia, lo reclama, parla in duplice veste. Saluta da sindaco uscente, dopo 15 anni di amministrazione. E si propone come consigliere comunale. “Il mio ruolo cambierà. Non ho intenzione di interferire con l’amministrazione e non voglio neanche un posto in Giunta – afferma – quello che non cambierà mai è l’impegno politico, perché non saprei vivere in un altro modo”.

Avrebbe potuto fare altro, lottare per un seggio in Europa, come molti gli hanno proposto. “Ma ho detto di no, perché sarebbe stato un modo per ottenere una scappatoia e magari l’immunità e la politica non si fa per fini personali” rivendica. Ma poi, si confessa a quella piazza che lo conosce da tutta la vita, non vuole stare lontano da Riace e soprattutto da loro, dalla sua gente vuole essere riconosciuto come uomo e amministratore onesto. “In paese sappiamo chi siamo. Tutti qui sanno che i miei familiari sono dovuti andare via. Non ho mai fatto nulla perché loro avessero un vantaggio o lo avessi io. Sfido chiunque a dire il contrario, a viso aperto”.

Non evita di parlare dell’inchiesta che lo ha travolto o delle accuse che la procura gli muove, perché – dice ai suoi – “avete sentito tante cose ma adesso voglio raccontarvi anche la mia versione dei fatti”. Ma quello che sembra premergli di più è ricordare quello che in 15 anni di amministrazione è stato costruito. “Lasciamo l’opera pubblica immateriale più importante della Calabria e che ci ha fatto conoscere nel mondo intero. Abbiamo reso Riace capitale dell’umanità nel mondo”.

Un orgoglio per i tanti riacesi emigrati nel mondo, ma anche uno strumento – sottolinea – per realizzare tante opere pubbliche concrete nel borgo. “Il centro storico riqualificato in modo capillare”, “due beni sottratti ai clan”, “un lungomare in legno, senza colate di cemento”, i pozzi che permetteranno a Riace autonomia idrica, i quasi 100 posti di lavoro legati al sistema dell’accoglienza. “Stavamo dimostrando al mondo che l’immigrazione non è un problema.

Questa equazione su cui sono state costruite le fortune anche di questo governo, noi l’abbiamo smentita dimostrando come sia una risorsa. E forse per questo sono iniziati i problemi” afferma Lucano alla piazza. Il modello è stato distrutto, i progetti azzerati e i rifugiati mandati via, ma adesso che il Tar ha annullato la circolare del Viminale – spiega Lucano – “la speranza di ricostruire c’è”. Poi il tempo corre, manca poco alla mezzanotte. Maria Spanò, la sua candidata sindaco gli batte sulla spalla e gli ricorda il silenzio elettorale.

Lucano prova a sintetizzare, dice grazie a chi lo ha accompagnato nei 15 anni di percorso, chiede scusa per gli eventuali errori, poi si fa prendere e vorrebbe parlare ancora, ma guarda l’orologio e capisce che oltre non può andare. Chiude rapido. Commosso. A fine comizio, mentre amici e sostenitori lo abbracciano, Lucano ha gli occhi umidi. È una folla quella che gli si stringe attorno, ma lui non si può fermare. Per ordine dei giudici, non può rimanere oltre mezzanotte e mezzo nel territorio di Riace. E mentre si avvia verso la sua auto, sembra quasi deluso. Troppe cose da dire, in troppo poco tempo, dopo troppo tempo lontano da casa. Ha paura di non essere stato chiaro.

Ma se a decidere le elezioni di Riace fosse la folla dei comizi finali, non ci sarebbe partita. Nella piazza della Marina che ha fatto da palco alla chiusura della campagna elettorale, ogni candidato ha schierato sostenitori, parenti e claque, pronti a sottolineare con gli applausi i passaggi topici degli interventi finali. Nessuno ha nominato il sindaco uscente, ma a lui – “la star”, “il vip”, “quello famoso”, hanno dedicato gran parte del loro intervento. Hanno giocato sulla pancia dei riacesi “quelli veri”, chiedendo alla piazza dove e soprattutto a chi siano finiti i soldi dei progetti Sprar. “Non certo a chi è nato qui” ha ripetuto, evocando invidie sociali e rancori di paese. Ma quando a parlare è stato Lucano, ad ascoltare era una comunità globale che come tale sogna di risorgere.

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