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Gessica Notaro: “Ha cancellato il mio volto e distrutto ciò che ero. Ma non l’ha avuta vinta”

Apr 27, 2019

BOLOGNA – Legge le parole dei giudici: “Appare plastica rappresentazione di una meditata, ferma volontà di punire per sempre la vittima privandola non solo della sua speciale bellezza, ma della sua stessa identità”. E lei bella lo era davvero: sfilava nelle passerelle di Miss Romagna, sognava di fare la cantante e di sfondare nel mondo dello spettacolo. Ora ripete, con rabbia: “Lui voleva anche levarmi la vista perché io non potessi più guardare nessun altro, perché non potessi più guardare in faccia alla vita: mi vengono i brividi ancora oggi a pensarci. Voleva cancellare tutto di me”. Sono passati poco più di due anni da quando Gessica Notaro, 29 anni, è stata sfregiata con l’acido dall’ex fidanzato Edson Tavares, condannato a 15 anni e 5 mesi. Adesso sono uscite le motivazioni di quella condanna: lo scippo di identità.

Cosa pensa di questa analisi dei giudici?

“E’ giusta, hanno capito. E per fortuna, perché in altri casi c’è chi ha giustificato la violenza contro una donna con parole che hanno fatto male e suscitato tante polemiche e a ragione: tempesta emotiva, ma come si fa…Si è arrivati ad evocare il delitto d’onore. E’ violenza e basta. Io ho dovuto sopportare di sentirmi rinfacciare, anche dai suoi legali, che ero io la gelosa che lo tormentava. Per tre anni mi ha fatto soffrire, la mia frustrazione era data dai suoi continui tradimenti. Ho sopportato, poi l’ho lasciato. Non gli ho tirato dell’acido addosso, non ho deciso della sua vita. Lui lo ha fatto, senza pietà”.


I giudici non hanno concesso le attenuanti generiche riconoscendo che “nessuna frustrazione amorosa, per quanto dolorosa, può contribuire a attenuare la gravità della condotta” di Tavares.

“Per questo dico che è una sentenza giusta. Non ci possono essere attenuanti, va punito e basta. Meglio ancora sarebbe stato se non gli avessere concesso il rito abbreviato. Ma non è responsabilità dei magistrati, loro non potevano fare diversamente, è la legge che va cambiata. In questi casi non deve essere permesso”.

Ogni volta si riapre la ferita: chi è oggi Gessica Notaro?

“Mi sto ritrovando, ma è durissima. Continuo a lavorare nello spettacolo, mi prendo cura di me. Ma vedo ancora fantasmi, quando cammino per strada, faccio una passeggiata con mia mamma o il mio fidanzato, basta una bicicletta che mi sfreccia sul lato sinistro, dove io non vedo, che il cuore mi va a mille, sento l’istinto di fuggire. I primi tempi, tornata a casa dall’ospedale, non riuscivo nemmeno ad aprire la bocca per fare colazione, la mia pelle era diventata una maschera di gomma che mi intrappolava: non potevo parlare senza sentire dolore, non potevo urlare, piangere. Mi ripetevo: cosa ho fatto per meritarmi questo?”.

E poi come è riuscita a reagire?

“Entri nel tunnel delle operazioni, delle terapie infinite. A ottobre dovrò affrontarne altre. Non è finita, vai avanti ad alti e bassi, tra voglia di reagire e disperazione. La ripresa è durissima. Io ho scelto di far vedere la mia positività, di mostrare il mio sorriso perché non volevo fare pena a nessuno, nemmeno a me stessa. Ma il percorso che devi affrontare è dolorosissimo. E non è solo un problema di cicatrici sulla pelle, di vista da recuperare: è la tua vita che è cambiata e ci devi fare i conti”.

I conti con le cicatrici dentro e fuori?

“Mi trucco, mi copro l’occhio con la benda di lustrini, cerco di vedermi bella. Ma i segni sul mio volto ci sono, e provo nostalgia di quello che ero. Per questo da un mese vado da uno psicologo: è venuto il tempo di farmi aiutare. Sono cambiata dentro? Sì, sto perdendo molti filtri, anche sui social ho deciso di rispondere a chi mi insulta. La mia ripresa fa piacere a tanti, sento che sono circondata da persone che mi vogliono bene. Ma nella testa di molti c’è l’idea che dovevo chiudermi in casa a fare la vittima. Non l’ho fatto, non lo farò. La mia ragione di vita è testimoniare e lottare contro la violenza alle donne. Ora sto lavorando a un progetto sulla prevenzione. Ho le spalle abbastanza larghe, lo devo anche a chi non ce la fa”.

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