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Ex Ilva, il governo conferma il piano per l’ingresso dello Stato

Dic 9, 2019

MILANO – “Quando i Privati non ce la fanno è giusto che ci sia lo Stato in settori strategici per garantire la continuità produttiva, i posti di lavoro” e il “risanamento ambientale”. Così sul futuro di ex Ilva il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, conferma di fatto il piano del governo per un ingresso pubblico nell’acciaieria tarantina in mano alla ArcelorMittal, gruppo indoeuropeo che ha attivato la procedura per recedere dall’acquisto del siderurgico e successivamente indicato quasi 5 mila esuberi per restare.

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Sul piano anticipato da Repubblica, Patuanelli ha puntualizzato – intervenendo a L’aria che tira – che “lo Stato entra attraverso il Mef, il ministro Gualtieri sta lavorando a una serie di ipotesi. Lo stato entra anche per controllare cosa fa il privato”.

E’ stato però il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ad aggiungere che a muoversi per conto pubblico potrebbe non essere solo il Mef. “Quello che posso anticipare è che è prevista anche la partecipazione di aziende pubbliche, a partecipazione pubblica”, ha detto in un incontro con la stampa. L’obiettivo dello Stato dovrebbe essere allora “fare la nostra parte per rendere questo progetto ancora più efficace e credibile”.

Quanto alle indiscrezioni secondo cui ArcelorMittal potrebbe offrire 1 miliardo allo Stato per uscire dall’ex Ilva, Conte ha aggiunto: “Non confermo, con Mittal c’è un negoziato in corso, abbiamo delle controproposte molto efficaci nella direzione che avevamo concordato con il signor Mittal. E cioè avviare una robusta, seria, concreta transizione energetica, conservare il livello di occupazione quanto più possibile e investire ancora di più sul risanamento ambientale. Lavoreremo su questo. Il negoziato è solo agli inizi”.

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Con il colosso dell’acciaio la partita è aperta. Prima l’azienda ha sganciato la bomba del recesso, poi si sono riattivate le trattative per trovare una soluzione col governo. Per questo è stata rinviata al 20 dicembre un’udienza al tribunale di Milano per discutere proprio degli atti legali che porterebbero la multinazionale ad abbandonare l’Italia: per dare tempo alle parti per trovare una via di fuga. All’ultimo incontro però sono emerse richieste per quasi 5 mila esuberi al 2023.

Sullo stato delle trattative, Patuanelli ha aggiunto: “La soluzione è un nuovo piano industriale. Ci si può fidare o no, se nei prossimi giorni vedremo che è un tentativo di rimandare la palla più avanti, noi diremo basta, il 20 ci sarà l’udienza in tribunale, e vedremo cosa succede il 20”. Sugli esuberi, sempre il titolare del Mise ha spiegato che “è prematuro anticipare” il numero delle persone che sarebbero coinvolte nel processo di accompagnamento “ma lavoriamo perché siano il minor numero possibile. Ma stiamo lavorando contemporaneamente a dare altre opportunità occupazionali in quel territorio attraverso le partecipate, attraverso la disponibilità di Fincantieri e di Snam”. D’altra parte, è stato proprio il numero uno della società del gas, Marco Alverà, a dire in occasione del recente piano industriale che Snam è pronta a fare la propria parte per alleviare la situazione a Taranto: “Non ci occupiamo di acciaio”, ha premesso, ma etto che “siamo al lavoro da mesi su Taranto” dove sono allo studio “investimenti che possono arrivare fino a 40 milioni di euro”. Potrebbe assumere questa forma la sponda della partecipata pubblica alla risoluzione del caso.

Della partita ha parlato anche Emma Marcegaglia, presidente Eni e ad dell’omonimo gruppo: “Spero ci siano ancora margini per trovare un accordo tra ArcelorMittal, lo Stato ed eventualmente investitori pubblici. E’ molto importante che rimanga una produzione di acciaio ad alto forno in Italia senza questo ci sarebbero gravi danni per tutto il settore industriale italiano”.

Una novità, nell’intreccio tra industria e tribunali, si registra con il parere favorevole dei pm di Taranto alla richiesta di proroga presentata dai commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria sull’uso dell’Altoforno 2, sequestrato e dissequestrato più volte nell’inchiesta sulla morte dell’operaio Alessandro Morricella. I commissari chiedono un anno di tempo per ottemperare alle prescrizioni di automazione del campo di colata. La decisione spetta al giudice Francesco Maccagnano, dinanzi al quale si svolge il processo sulla morte di Morricella, che si esprimerà tra l’11 e il 12 dicembre.

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