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Eutanasia, la Consulta sul caso Dj Fabo: “Nessun obbligo per i medici”

Nov 22, 2019

La pronuncia con cui la Consulta ha escluso in determinati casi la punibilità dell’aiuto al suicidio non crea “alcun obbligo di procedere a tale aiuto in campo ai medici”. Lo specifica la stessa Corte nelle motivazioni depositate oggi della sentenza sul fine vita del 25 settembre scorso. Marco Cappato, dell’associazione Luca Coscioni, rischiava fino a dodici anni di carcere per aver accompagnato Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, il quarantenne milanese tetraplegico, a morire in Svizzera come chiedeva da anni. Per la Consulta non è punibile chi aiuta al suicidio “una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

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“Resta affidato alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi o no ad esaudire la richiesta del malato”, stabilisce la sentenza. A sollevare l’incostituzionalità della norma che punisce l’aiuto al suicidio erano stati i giudici milanesi nel processo a Marco Cappato per il suicidio assistito di Dj Fabo.

Inoltre, i giudici costituzionali hanno ritenuto che la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio e delle relative modalità di esecuzione debba restare affidata, in attesa dell’intervento legislativo, a strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Ciò in linea con quanto già stabilito in precedenti pronunce, relative a situazioni analoghe. La verifica dovrà essere effettuata previo parere del comitato etico territorialmente competente, organo consultivo per i problemi etici che emergono nella pratica sanitaria, in particolare a fini di tutela di soggetti vulnerabili.

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L’articolo 580 del Codice penale è stato dichiarato, quindi, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevola il proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona che versi nelle condizioni indicate in precedenza, a condizione che l’aiuto sia prestato con le modalità previste dai citati articoli 1 e 2 della legge n. 219 del 2017 e sempre che le suddette condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

Queste condizioni procedurali introdotte con la sentenza della Consulta valgono esclusivamente per i fatti ad essa successivi. E quindi non possono essere richieste per i fatti anteriori, come quello di DJ Fabo-Cappato.

Per questi, occorrerà che l’aiuto al suicidio sia stato prestato con modalità anche diverse da quelle indicate, ma che diano garanzie sostanzialmente ad esse equivalenti; in particolare quanto a verifica medica delle condizioni del paziente richiedente l’aiuto, modi di manifestazione della sua volontà e adeguata informazione sulle possibili alternative.

La Corte costituzionale ha stabilito quando non è punibile l’aiuto alla morte. Ora il Parlamento stabilisca quando l’#eutanasia è legale! È il prossimo obiettivo, che otterremo INSIEME su https://t.co/vvRXt1Ov5J#LiberiFinoAllaFine@ass_coscioni@EutanaSiaLegalepic.twitter.com/I9nKoWZcMc

— Marco Cappato (@marcocappato) November 22, 2019

“La Corte costituzionale ha stabilito che, in alcune determinate condizioni, un malato sottoposto a sofferenze insopportabili può essere aiutato a morire, e che tale aiuto debba essere fornito dal Sistema sanitario nazionale”, sottolinea l’associazione Coscioni, secondo cui “è una sentenza di portata storica, che cancella, in nome della Costituzione repubblicana, la concezione da Stato etico che ha ispirato il Codice penale del 1930”, sostiene il segretario Filomena Gallo, difensore e coordinatrice nel collegio di difesa a Marco Cappato.

“La sentenza è direttamente applicativa perché rende le leggi già esistenti corrispondenti al dettato costituzionale confermando la libertà di scelta nel fine vita del malato in determinate condizioni che sceglie il suicidio assistito”, chiarisce Gallo.

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