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Crisi di governo: non chiedetevi come va a finire, sarà ancora lunga – L’HuffPost

Gen 13, 2021

Come in un contrappasso (grande padre Dante), “l’uomo solo al comando” dei tempi che furono, colpisce al cuore il nuovo “uomo solo al comando”. Rovesciandogli oggi le accuse subite allora. Perché, alla fine, l’attesa conferenza stampa di Matteo Renzi, che in mezz’ora manda all’aria una giornata di mediazione, è tutta in una frase: “Il re è nudo. Conte ha creato un vulnus democratico”. Proprio così: non un semplice “ha governato male”, ma ha “violato le regole democratiche”. E, da che mondo è mondo, se uno viola i sacri principi, non solo non è degno di essere un premier, ma viene classificato alla voce “pericolo da combattere”.

Se le parole hanno un senso, una volta si diceva che sono come pietre, è un punto di non ritorno, perché la requisitoria, particolarmente severa riguarda questioni di fondo, che vanno ben oltre questa o quella rivendicazione programmatica: lo stile e il metodo del governo, la concezione della democrazia, l’impianto giustizialista, i rapporti internazionali con Trump. E se è vero che la durezza dell’affondo è stato abilmente accompagnato da un’estrema duttilità tattica – Renzi ha negato di voler “aprire la crisi”, dicendosi pronto a trattare in un tavolo politico o in una sede opportuna – è evidente che in quella chiosa finale “non c’è un solo nome per palazzo Chigi” svela quale era, sin dall’inizio l’obiettivo di questa crisi. E cioè un cambio di schema, radicale, sottolineato dall’asprezza con cui ha appellato il premier, apostrofato, a torto o ragione, come un populista da contenere più che come un pilastro di una alleanza democratica, è evidente. E deve essere stata questa anche l’impressione del segretario del Pd che ha messo a verbale una dichiarazione, anch’essa, da tempi eccezionali: “Un attacco gravissimo all’Italia”.

Dunque, la giornata di oggi rappresenta una cesura in questa crisi, consumatasi con lo stupore dei protagonisti, che hanno visto franare una mediazione troppo ottimisticamente ritenuta possibile, durata lo spazio di un colloquio al Colle. È lì che il premier, su pressione innanzitutto di Nicola Zingaretti, è andato a dare rassicurazioni che non avrebbe tentato la via della conta in Aula e della caccia ai responsabili, aprendo a quel “patto di legislatura” con Renzi fino a ieri enfaticamente negato. E se è chiaro quello che è successo, un ennesimo avvitamento in questa crisi politicista e senza pathos, è imprevedibile quel che accadrà. In altri tempi, dopo le parole di Renzi, il premier sarebbe salito al Colle per dimettersi o per spiegare come andare avanti, soprattutto in un contesto di seicento morti al giorno, una annunciata terza ondata dal carattere devastante, in cui il paese ha forse qualche diritto a sapere se chi lo guida è in condizioni di farlo. Di questi tempi, in cui ci si può insultare senza tirarne le conseguenze (il governo gialloverde andò avanti così un anno) Conte non solo ha evitato dichiarazioni ufficiali, ma, a quanto si apprende, si prenderà qualche giorno di tempo per poi andare in Aula la prossima settimana.

Diciamo le cose come stanno: il Conte due non c’è più, politicamente, è fallito. Però la crisi, politicamente squadernata, è formalizzata solo in parte, col ritiro dei ministri di Italia Viva, ma, evidentemente, il premier ha tutte le intenzioni, come se gli ultimi tre mesi non si fossero persi tra tavoli e mancati chiarimenti, di verificare se c’è un modo per andare avanti. Se cioè spunterà un “gruppo” di responsabili, novelli Scilipoti auspicati da chi chiedeva il vincolo di mandato, o altre ipotesi che, al momento, non sono chiare neanche nei pensieri dei protagonisti, perché la confusione dei pensieri è un handicap per il cronista che li racconta.

Insomma, una clamorosa crisi politica, su una “quasi crisi” formale. Se le parole hanno un senso, colui che ha violato le regole democratiche nel bis, non può guidare un ter. Eppure sarà questa la discussione dei prossimi giorni, al netto dei fuochi di artificio di oggi: i margini per “un patto di legislatura”, altra locuzione ripetuta da sei mesi con una certa inconcludenza. Morale: non chiedetevi come va a finire, perché è ancora lunga, a meno che il capo dello Stato non decida di sollecitare un chiarimento, chiedendo al premier come è in grado di assicurare l’operatività del governo. E magari, con esso, qualcuno che lo spieghi anche al Paese.

VIDEO – Renzi annuncia le dimissioni delle ministre di Italia Viva dal governo

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