Soldi, oggetti preziosi, prestazioni sessuali, uno stipendio mensile. Sono queste le contestazioni a un magistrato, presidente di una sezione della Corte d’appello di Catanzaro, che è stato arrestato dalla Guardia di finanza. Si tratta, a quanto apprende il fattoquotidiano.it, di Marco Pretini. Sono otto le persone indagate nell’inchiesta della Dda di Salerno avviata nel 2018: per sette, tra cui la toga, il giudice per le indagini preliminari di Salerno ha disposto il carcere, per l’ottavo i domiciliari. Corruzione in atti giudiziari in alcuni casi aggravati dall’associazione mafiosa i reati contestati dagli inquirenti. L’inchiesta era iniziata a Catanzaro (dove oggi sono stati eseguiti tre arresti) ma trasferita per competenza a Salerno proprio per il coinvolgimento della toga.
Tra gli arrestati anche due avvocati: uno del foro di Catanzaro, Marzia Tassone, e un avvocato di Locri, Francesco Saraco (domiciliari). Gli indagati, stando alla ricostruzione della Dda, pagavano il magistrato “per ottenere, in processi, civili e in cause tributarie, sentenze e provvedimenti a loro sfavorevoli o favorevoli a terze persone”. Secondo la procura di Salerno “in taluni casi i provvedimenti favorevoli richiesti al magistrato a da quest’ultimo promessi e/o assicurati erano diretti a verificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciate in primo grado dai Tribunali del distretto di Catanzaro, provvedimenti di misure di prevenzione, già definite in primo grado o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa antimafia, nonché sentenze in cause civili e accertamenti tributari”.
Nella nota firmata dal procuratore capo di Salerno, Luca Masini, si legge che oltre al magistrato “una figura centrale del sistema corruttivo” era un medico in pensione ed ex dirigente dell’Asl della provincia di Cosenza, definito un insospettabile. Stando agli inquirenti il medico stipendiava “mensilmente” il magistrato “per garantirsi l’asservimento stabile delle funzioni dello stesso. Si prodigava per procacciare nuove occasioni di corruzione, proponendo a imputati o a aprenti di imputati condannati in primo grado, nonché a privati soccombenti in cause civili, decisioni favorevoli in cambio del versamento di denaro, di beni e altre utilità”.
L’indagine, condotta dallo Scico con intercettazione audio e video, ha permesso di svelare che la corruzione è servita tra le altre cose anche a “far riottenere il vitalizio a un ex politico calabrese che, nel corso della quinta legislatura regionale, ricopriva la carica di consigliere regionale”. L’ex politico era stato condannato nel 2004 a sei anni per associazione mafiosa con interdizione perpetua e relativa decadenza del vitalizio. Tra le contestazioni anche la corruzione per far superare il concorso per l’abilitazione alla professione di avvocato. Gli investigatori hanno scoperto che Pretini aveva continuamente bisogno di soldi “anche per mantenere l’elevato tenore di vita”. Una “grave situazione di sofferenza finanziaria”. Durante la perquisizione in casa al magistrato sono stati sequestrati 7mila euro in contanti custoditi all’interno di una busta.
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