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Conte ascoltato tre ore dai magistrati, c’è il timore che finisca tra gli indagati – La Stampa

Giu 13, 2020

ROMA. Due ore e quaranta di domande e di lunghe, circostanziate risposte. Alla fine, dopo essersi congedato col consueto garbo dai tre magistrati arrivati da Bergamo, Giuseppe Conte confida ai suoi collaboratori di essere soddisfatto: «Ho ricostruito e chiarito tutti i passaggi di questa vicenda, fin nei minimi dettagli. E ho spiegato bene come sia stato il governo a decidere una misura ben più drastica della chiusura di una area circoscritta, come quella di Alzano e di Nembro». Il presidente del Consiglio è convinto di aver scongiurato la “grana” della quale nessuno parla, ma che per lui sarebbe anche la più fastidiosa: l’iscrizione nel registro degli indagati. Certo, un’eventualissima iscrizione si configurerebbe come un atto dovuto, tanto più per chi – come Conte – conosce il combinato disposto tra l’articolo 40 del Codice penale («Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo») e il 438 che individua il reato di epidemia. L’ipotesi di reato sulla quale si muove la Procura di Bergamo è quella di epidemia colposa, reato assai meno incisivo di quello di procurata epidemia che prevede una pena massima eloquente: l’ergastolo.

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Conte è convinto di aver allontanato da sé un passaggio fastidioso più dal punto di vista dell’immagine che da quello giudiziario. Anche perché se davvero la Procura di Bergamo dovesse accertare i prodromi di un’indagine che veda coinvolta rappresentanti di governo, sarebbe costretta a passare immediatamente la mano, trasmettendo le carte al Tribunale dei ministri. A quel punto l’apposita sezione, formata dal Tribunale di Bergamo, dovrebbe svolgere una vera e propria indagine e, là dove dovesse individuare ipotesi di reato, dovrebbe chiedere l’autorizzazione a procedere alle Camere e nel caso di Conte (che non è parlamentare) ad essere competente sarebbe il Senato.

Un iter complesso che sarebbe lo stesso che ha coinvolto a più riprese Matteo Salvini. Certo, l’eventuale, iniziale iscrizione nel registro degli indagati sarebbe un atto dovuto che a palazzo Chigi qualcuno non si sente di escludere, anche se ufficialmente nessuno lo ammette. E oltretutto le parole con le quali la titolare dell’indagine ha lasciato palazzo Chigi autorizzano qualsiasi ipotesi, per esempio che l’eventuale (e per nulla scontata) iscrizione nel registro degli indagati potrebbe coinvolgere non soltanto il presidente del Consiglio ma anche il ministro della Salute Roberto Speranza e le due figure apicali della sanità lombarda, il Presidente della Regione Attilio Fontana e l’assessore Giulio Gallera.

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Una testimonianza che potrebbe creare qualche stridore è quella della ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Ai magistrati la ministra avrebbe spiegato che effettivamente una notevole quantità di forze dell’ordine (330 uomini) furono inviate la sera del 5 marzo nella zona “calda” a seguito del primo allarme lanciato, il 3 marzo, dal presidente dell’Istituto di Sanità Silvio Brusaferro. Lamorgese ha fatto capire di essersi portata “avanti” col lavoro, visto che una chiusura dell’area di Alzano era data come imminente. Ai magistrati il premier ritiene di aver chiarito il passaggio chiave. Ha raccontato che il 5 marzo, dopo aver richiesto un approfondimento a Brusaferro che aveva già segnalato una criticità nella Val Seriana, riceve ulteriori e convincenti indicazioni sulla necessità di una zona rossa limitata ai comuni di Alzano e Nembro. La mattina del 6 marzo il Presidente del Consiglio arriva alla Protezione civile, pronto a firmare il provvedimento. Ma nel corso del confronto con gli esperti, esaminando i nuovi dati epidemiologici emerge la necessità di una misura ancor piu radicale che riguardi tutta la Lombardia perché la situazione epidemiologica sta peggiorando un po’ ovunque. Il Comitato tecnico scientifico rivede completamente la precedente valutazione e si convince definitivamente dell’urgenza di un intervento più drastico. E la sera del 7 si esprime formalmente per la chiusura di tutta la Lombardia. Dopo qualche ora, alle 2 di notte, il presidente del Consiglio firma il blocco totale della regione.

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