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Censis, giovani in calo e sempre più emarginati sul lavoro

Dic 7, 2018

ROMA – Sono sempre meno presenti nel mondo del lavoro, ma soprattutto sono sempre di meno: i giovani italiani tra i 15 e i 34 rappresentano una minoranza della popolazione, appena il 20,8%. Ma, osserva il Rapporto Censis sulla situazione del Paese, nel resto dell’Europa non va troppo meglio, la fascia 15-24 anni in media è il 23,7% della popolazione, mentre i giovanissimi (tra i 15 e i 34 anni) arrivano al 10% (il 9,3% in Italia). Ma quello che fa ancora più paura è l’emarginazione dei (pochi) giovani: tra il 2007 e il 2017 gli occupati di età compresa tra i 25 e i 34 anni è calata del 27,3%, un milione e mezzo di giovani lavoratori in meno.

C’è poco spazio anche per i più istruiti: nel 2007 si contavano 249 giovani laureati occupati ogni 100 lavoratori anziani, dieci anni dopo sono diventati 143. In condizione di sottoccupazione (fanno cioè un lavoro per il quale sono richieste competenze inferiori rispetto a quelle garantite dal loro titolo di studio) 237.000 persone di età compresa tra i 15 e i 34 anni, mentre i giovani costretti a lavorare part-time sono diventati 650.000, 150.000 in più rispetto al 2011. In calo anche la presenza giovanile nelle libere professioni: la quota è scesa al 30,4%, sei punti percentuali in meno rispetto al 2010, quasi undici punti in meno rispetto al 2006.

I giovani emergono nei consumi mediatici: tra gli under 30 gli utenti di Internet sono il 90% della popolazione, contro il 42,5% tra gli over 65. Ma neanche Internet è d’aiuto per la ricerca del lavoro, merce sempre più rara: appena l’11,3% degli internauti si serve della rete per trovare un lavoro in Italia, e tra gli under 30 la quota arriva solo al 15,8%.

Spaventati dalla mancanza di possibilità di occupazione soprattutto per chi vive nel Mezzogiorno, si spostano già per studiare verso i poli metropolitani del Centro e del Nord. Sono 172 mila gli studenti che partendo da una regione del Sud sono iscritti a un corso di laurea in un’università del Centro Nord (pari all’11% di tutti gli iscritti all’università), mentre sono poco più di 17 mila quelli che compiono il percorso inverso. Il saldo netto fra gli ingressi e le uscite in queste Regioni, sin dalla prima immatricolazione a un percorso universitario (laurea triennale o magistrale a ciclo unico), risulta molto negativo per alcune Regioni del Sud (Puglia -35 mila studenti, Sicilia -33 mila, Calabria -23 mila). Le Regioni in grado di calamitare la maggior parte degli studenti fanno registrare un saldo fra arrivi e partenze molto positivo: Lazio (+48.607), Emilia Romagna (+32.918), Lombardia (+24.449) e Toscana (+14.268).

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