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Cattolica, Ivass chiede un rafforzamento del capitale da 500 milioni

Mag 30, 2020

MILANO – L’Ivass, con una lettera, ha chiesto a Cattolica Assicurazioni di rafforzare il patrimonio con un aumento di capitale. Secondo quanto riportato dall’Ansa, l’authority delle assicurazioni, lo scorso 27 maggio, ha chiesto a Cattolica “tempestivi interventi di patrimonializzazione” alla luce del “deterioramento delle condizioni di solvibilità” del gruppo e di alcune sue controllate.

Il cda, in vista dell’assemblea di giugno, aveva già deciso di chiedere ai soci la delega per un aumento fino a 500 milioni che, avevano spiegato fonti della compagnia, sarebbe dovuto servire “per avere la flessibilità di cogliere eventuali opportunità sul mercato”. Nelle scorse settimane il gruppo aveva ribadito di voler approfondire la bancassicurazione con Ubi, con cui l’accordo in corso scade a giugno e dove ha recentemente ampliato la partecipazione che detiene nel capitale all’1%, e con Banco Bpm.

“Il deterioramento delle condizioni di solvibilità di Bcc Vita, Vera Vita e del Gruppo richiede tempestivi interventi di patrimonializzazione. A tal fine” l’Ivass “si attende che codesta società rafforzi il Solvency ratio individuale e del Gruppo realizzando, entro il 30 settembre 2020, l’aumento di capitale sociale per il quale l’organo amministrativo ha deliberato di richiedere la delega, per l’intero importo di 500 milioni. Al contempo, dovranno essere adottate le ulteriori iniziative necessarie a ripristinare l’indice di solvibilità in linea con le soglie di propensione al rischio definite dal Gruppo” che “prevedono un Solvency ratio compreso tra il 160% e il 180%”.

Per l’Ivass “considerata l’esposizione dell’attivo ad un contesto di elevata volatilità di mercato nonché le incertezze prospettiche che connotano rilevanti fattori di rischio, tecnici e finanziari, solo un intervento sul capitale è in grado di assicurare, in breve termine, il ripristino delle condizioni di solvibilità del gruppo e delle singole imprese adeguate alle condizioni del nuovo contesto di mercato”.

Il “significativo indebolimento delle condizioni di solvibilità” è reso manifesto dal deterioramento del Solvency ratio consolidato, sceso dal 175% di fine 2019 al 111% dell’8 maggio, “il valore più basso dell’intero mercato assicurativo nazionale” e che si è ulteriormente deteriorato al 22 maggio 2020, scendendo al 103%, ormai “prossimo al minimo regolamentare” del 100%. Ancor più grave la situazione delle controllate Bcc Vita (jv con Iccrea) e Vera Vita (jv con Banco Bpm), i cui indici di solvibilità sono scesi rispettivamente, al 15 maggio, al 25% e al 65%.

Con il recente miglioramento dello spread sui titoli di stato, valore che impatta molto sul Solvency, è possibile che il ratio sia migliorato ma è chiaro che la situazione resta fragile e la stessa compagnia ne è consapevole, visto che aveva già deciso di chiedere la delega sull’aumento.

Del resto questo “negativo andamento dei requisiti di vigilanza prudenziale”, spiega ancora l’Ivass, è imputabile anche alla “struttura” e alle “esposizioni” degli investimenti. In particolare dei 28 miliardi di “investimenti di classe C” (in relazione ai quali la compagnia sopporta il rischio), 4,8 miliardi erano rappresentati al 31 dicembre 2019 da investimenti in corporate bond, di cui il il 22% con rating BBB-, il 24,2% non investment grade e il 3,2% privi di rating.

“Tali investimenti, tenuto conto dell’attuale situazione di mercato, sono particolarmente esposti, anche in chiave prospettica, a perdite di valore dovute ad eventuali ulteriori incrementi degli spread e a downgrade”. “Un ulteriore elemento di vulnerabilità”, evidenzia l’Ivass, può essere rappresentato dalla “concentrazione nel settore finanziario (68%)” dei bond, a cui si aggiunge il fatto che “il 29% degli investimenti in titoli corporate (855 milioni di euro)” è costituito da bond subordinati di cui “il 60%” è appartiene alla classe non investment grade” ed alla classe di rating immediatamente superiore (BBB-)”.

Nei giorni scorsi Alberto Minali, fino allo scorso ottobre amministratore delegato del gruppo, si è dimesso anche dalla carica di consigliere e ha avviato una causa contro la società veronese in relazione alla revoca delle deleghe, ritenuta illegittima, avvenuta appunto in ottobre. È quanto si apprende in ambienti finanziari. Il cda di Cattolica aveva inserito nell’ordine del giorno dell’assemblea del prossimo 27 giugno anche la revoca di Minali dal cda per “giusta causa”.

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